martedì 27 dicembre 2016

AREZZO E SIENA, DUE BANCHE, DUE PESI, DUE MISURE. IL PD BATTA UN COLPO

Il Segretario provinciale del #Pd fa bene a protestare contro gli episodi d’inciviltà che hanno colpito la sede provinciale del partito: manifesti strappati, lancio di fumogeni e volantini appiccicati sul portone. Tutto questo nel corso dell’ennesima manifestazione contro i decreti salva-banche. In verità, se fossimo tra i risparmiatori aretini, anche noi saremmo incazzati per la palese discriminazione tra i clienti di #Banca Etruria e quelli del Monte dei Paschi. Due pesi e due misure non vanno bene, ancorché le situazioni siano diverse. La verità, come hanno fatto rilevare commentatori ben più autorevoli di noi è che nella vicenda #Monte dei Paschi è stato fatto un bel regalo di Natale ai detentori di obbligazioni subordinate di quell'istituto. Con il rischio concreto di premiare chi ha acquistato le obbligazioni sul mercato secondario nei mesi scorsi, sfruttando la disperazione dei piccoli risparmiatori o peggio premiando i gestori degli hedge fund che questa estate hanno fatto razzia di titoli subordinati di Mps, nonostante l’investimento apparisse privo di ogni fondamento logico.

Insomma si ricompensano i #furbetti, ma il problema, almeno per il PD aretino è un altro.
Ed è quello di non essere stati chiari sulla vicenda di banca Etruria, per cui questa banca dai giornali nazionali, un po’ meno da quelli locali che conoscono i fatti, è stata catalogata come una banca “rossa”. Ma quando mai? Basta vedere le scelte portate avanti nel corso del tempo per capire come questa banca con il variegato mondo della economia che gravita intorno alla sinistra c’entra come il cavolo a merenda.
Però il PD su questa vicenda si è mosso male.

venerdì 23 dicembre 2016

COERENZA E TRASPARENZA, PAROLE SCONOSCIUTE ALLA POLITICA, TRANNE POCHI CASI

Noi siamo tra chi ritiene che assumere cariche pubbliche significhi accettare un di più di responsabilità. Se fai il sindaco, il consigliere regionale, il parlamentare , il  ministro non sei  uguale a tutta le altre persone, perché non rappresenti solo te stesso e all'occorrenza devi portare un fardello più pesante di altri.
Un fardello che è fatto talvolta d’insulti, anatemi, pessimi articoli di giornale.  Per questo chi prendere su di sé un incarico pubblico, deve essere capace di separarsi dal proprio destino personale.
Qualcuno potrebbe pensare che questa sia roba da romantici, da eroi risorgimentali, da idealisti un po’ coglioni, non è così, è invece l’abbiccì di chi vuol fare della politica un servizio e non una professione.
Per questo, lo diciamo senza piaggeria, abbiamo apprezzato il gesto di Matteo Renzi che si è dimesso dopo l’esito negativo del referendum. A onor del vero  la stessa cosa fece D’Alema all'indomani di elezioni regionali disastrose per il centrosinistra.

Abbiamo apprezzato meno che ministri, che pure portavano la responsabilità di quel fallimento referendario, siano rimasti al governo ed altri parlamentari, che pure quella riforma avevano contribuito ad elaborare, siano stati promossi ministri.
Qualcuno dirà ma Renzi continua a tirare le fila, può darsi, ma intano lui è a Pontassieve e gli altri sono a Roma. E per citare Renzi, che suo tempo disse “Il futuro non è uno spazio da aspettare, il futuro è un luogo da conquistare” rammentiamo che il futuro è nelle mani di Dio, per cui niente è già scritto.

IL TIR ASSASSINO E LA MALEDETTA BUROCRAZIA

Qualche volta sarebbe necessario che chi ha il potere di decidere si mangiasse a colazione e a pranzo una fetta di vergogna per quello che succede intorno a noi. I morti di Berlino, dobbiamo gridarlo forte, sono purtroppo il frutto di provvedimenti sbagliati e chi ha il potere di cambiare le cose deve farlo senza indugi.
E’ sufficiente leggersi la storia del tunisino che pare fosse alla guida del TIR  assassino  per rendersene conto. Quest’Anais, o come diavolo si chiama, visto che ha ben sei identità diverse, era stato imprigionato in Italia per quasi quattro anni. Finito il soggiorno nelle patrie galere è stato trasferito al centro di identificazione ed espulsione di Caltanissetta. Nel frattempo gli organi di polizia si erano accorti che il tipo si era, come si dice, radicalizzato e trasformato in un possibile combattente della Jihad .  
Però che succede? Succede che l’espulsione nei sessanta giorni previsti dalla legge non avviene, ne consegue che il signor Anais viene messo fuori dai cancelli  con un foglio rilasciato dalla  questura che gli intima di lasciare autonomamente il territorio italiano entro sette giorni. Secondo voi se ne sarà andato?  
Col piffero!

Lascia l’Italia e raggiunge la Germania dove, come raccontano le cronache, “chiede asilo politico. Scommettendo sulla sua arte di dissimulazione. Sui suoi tanti nomi. Sulla farraginosità di burocrazie che non comunicano in tempo reale e che, dunque, impiegheranno del tempo per scoprire la sua storia.”
Quello che succede in seguito lo sappiamo.

martedì 20 dicembre 2016

IL SOCIALISMO ROBA DEL PASSATO E NEL PRESENTE CHE C'E'?

Il segretario del PD della Toscana Parrini, in un’intervista ha detto che “La priorità oggi è costruire un nuovo riformismo capace di coniugare in modo innovativo ed efficace spinta agli investimenti e lotta alle disuguaglianze”, e poco sotto ha affermato che le posizioni del Presidente Rossi sono roba da anni settanta.
Il dibattito in se non è peregrino, perché obbliga a riflettere su di un fatto, e cioè che un partito senza ideologia (bruttissima parola ma a oggi non esistono sinonimi altrettanto forti) non va da nessuna parte.
 
Concordiamo con Parrini che ci voglia un nuovo riformismo, ma qualcuno deve avere la compiacenza di dirci di cosa si parla, altrimenti trattasi solo di flatus vocis o peggio ancora del suono emesso dal diavolo Barbariccia che, come dice il sommo poeta, “avea del cul fatto trombetta”.
La gente è stanca di giri di parole, girigogoli che servono a giustificare il niente, cioè il vuoto d’idee. Può darsi che suggerire oggi un’ipotesi socialista sia fuori dal mondo ma in alternativa cosa si propone?
Forse un raffazzonato assemblaggio di parole d’ordine che alla fine tendono tutte, nessuna esclusa, a perpetuare l’esistente?
Eppure le cose non sono così difficili.
Esiste un problema di diseguaglianze? Si, allora come si affronta?
Esiste un problema ambientale? Si, allora come si affronta.
Esiste un problema di lavoro e sviluppo? Si e allora come si affronta?
Un partito ha il dovere di dire cosa pensa, altrimenti diventa davvero difficile perfino dividersi.


GLI ASSESSORI NOMADI: UNA SPERANZA PER TANTI EX AMMINISTRATORI

A Roma è stato finalmente nominato/a  il nuovo assessore/a all'ambiente, si tratta di Pinuccia Montanari,  una professionista con un curriculum di tutto rispetto: laureata in filosofia e giurisprudenza, esperta di sostenibilità ambientale, presidente dell’Ecoistituto di Reggio Emilia e Genova, coordinatrice del Forum per la democrazia ecologica dell’Icef (International court of the environment foundation). E’ stata inoltre componente dell’Osservatorio nazionale rifiuti nominata dal Governo Prodi, è componente del Comitato scientifico della Fondazione Alexander Langer Stiftung ed  ha collaborato con Alex Langer, quando era presidente della Commissione Albania, Romania e Bulgaria del Parlamento Europeo. Sicuramente un percorso professionale  di tutto rilievo, in cui si contemperano capacità scientifiche e capacità manageriali con una spruzzatina di entratura politica che non fa male.

Ma la cosa più singolare è che la neo-assessora “grillina” prima di approdare nella città eterna è stata assessora all'Ambiente e Città sostenibile a Reggio Emilia (2004-2009) e successivamente assessora ai Parchi storici e Decrescita del Comune di Genova (2009-2012), tutte e due le volte per conto del PD.  Una cosa davvero singolare per più motivi.
Il primo è che i grillini, di cui apprezziamo quantomeno il grado di novità, hanno sempre proclamato ai quattro venti di non voler spartire nemmeno un’unghia con chi aveva fatto politica prima del loro anno zero. Evidentemente hanno cambiato opinione, a meno che non si consideri l’incarico di assessore in un comune alla stregua di un incarico professionale, cosa che non è.

RACCONTO DI NATALE(2): LA BENEFICENZA PELOSA

La beneficenza è diventata il condimento fisso di cene e banchetti, ovunque spunta come un fungo questo magico ingrediente che ci consente di accettare tutto, perfino le “facce a culo”, espressione di gran moda, che per un giorno si mascherano da filantropi famigli. Manca ancora poco e poi la beneficenza verrà inserita nei menù dei ristoranti alla moda, così che, quando ci ingozziamo delle pietanze create dagli artisti del mestolo, avremo perlomeno la sensazione di fare una cosa buona.
Sia chiaro, noi siamo per la beneficenza, per la solidarietà, quella dei volontari laici, dei padri missionari, degli operatori della protezione civile di coloro che rischiano in proprio, qualche volta la pelle,  andando tra i malati, nelle bidonville, nei luoghi di distruzione, nei villaggi sperduti dell’Africa e nelle periferie urbane, che sono diventate più pericolose della giungla. Abbiamo invece le scatole piene della beneficenza ostentata perché ci ricorda troppo da vicino la parabola del ricco Epulone , ricordate l’inizio?

“C'era un uomo ricco, che era vestito di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco.”
Si sfamava di quello che cadeva, che cosa terribile! Niente di peggio di un uomo che deve contentarsi degli avanzi di un altro uomo. Quel modo di fare beneficenza sottende un mondo sbagliato, un mondo dove la carità pelosa si sostituisce alla giustizia, una forma di redistribuzione che non ci convince per niente.

lunedì 19 dicembre 2016

IL DILEMMA DEL PD DA ROMA FINO AD AREZZO

Il Pd è dentro una morsa, una morsa ben più stretta di quella di un fabbro ferraio, ma la cosa grave è che invece di allentarla c’è chi si adopera a stringerla e quella che ne esce stritolatala è la logica politica.  
La politica, infatti, al pari dell’economia non è una scienza esatta, trattandosi di una invenzione umana è fallibile però ha delle regole.
La prima regola è che dopo aver perso una competizione  si fa una riflessione sulle cause della sconfitta, secondo si tenta di ricostruire una strategia per superare gli errori, terzo si va al giudizio degli elettori dopo essersi emendati.

Qui invece s’invertono i fattori: si pretende di andare al voto, saltando la fase della riflessione che, anche i Padri della Chiesa, giudicavano essenziale prima di qualunque decisione. Non ci stancheremo mai di ripeterlo non basta ammettere che si è perso bisogna capire il perché. 
Per questo non ci spaventa se dentro il PD nascono correnti organizzate, in grado di rendere vivo il dibattito, di portare una ventata di cultura, di rappresentare la complessità in tutte le sue sfaccettature.

giovedì 15 dicembre 2016

MODERNIZZARE PER FARE COSA?

Modernizzare è una parola che si presta a molte interpretazioni per questo non è sufficiente per vestire di panni nuovi un programma di governo.  Nella storia ci sono stati innovatoti, modernizzatori, rivoluzionari che hanno provocato grandi danni per cui la cautela in questi casi è d’obbligo.  
Ma soprattutto quando si parla di modernizzare occorre avere lucidità sugli obbiettivi che si vogliono raggiungere.

Per esempio un partito che si definisce riformatore e progressista deve metter al centro della sua azione uno sviluppo regolato, rispettoso dell’ambiente e della dignità del lavoro. Non è chiedere troppo è chiedere il minimo.

lunedì 12 dicembre 2016

RACCONTINO DI NATALE: L’ALBERO DI FILO SPINATO.

Noi siamo per le luci di Natale che splendono e rischiarano la notte, noi siamo per le feste che rallegrano le piazze, noi siamo per festeggiare e non per commemorare. 
Noi siamo perché ci sia più bontà nel cuore di tutti, nessuno escluso.


Per questo non sopportiamo i sepolcri imbiancati, non tolleriamo quelli che sputano in faccia ai più deboli e poi, per le feste, si vestono da Babbo Natale.  
Ma soprattutto non accettiamo l’ipocrisia di chi, sotto il manto della solidarietà, accetta i denari di Giuda.  Tutti loro, invece di adagiarsi sotto la stella cometa, dovrebbero costruire un albero di natale addobbato di filo spinato e bagnarsi, per una volta, nelle sofferenze di questo mondo. Solo allora, forse, sarebbero credibili.


CASTIGLIONI: LA VISITA DEL VESCOVO IN CONSIGLIO, UN'OCCASIONE PERSA

All'ultimo Consiglio Comunale di Castiglion Fiorentino ha partecipato l’Arcivescovo di Arezzo Monsignor Riccardo Fontana, un incontro programmato da tempo e che aveva lo scopo di far incontrare la massima autorità religiosa della provincia con i consiglieri comunali e gli amministratori che, almeno in teoria,  dovrebbero rappresentare la comunità.
Una comunità che possiede molti pregi ma che affronta anche tante difficoltà.
L’utilità di questi appuntamenti sta nel fatto che, alla presenza di un’autorità morale come il nostro arcivescovo, possono essere messi in chiaro i problemi del paese e le sue prospettive superando, per una volta, il gretto municipalismo e la voglia matta, che in molti hanno, di tenere alto il livello della tensione e dello scontro.
I resoconti della riunione ci dicono però altre cose. Raccontano di capigruppo e amministratori che parlano, parlano molto, senza però affrontare i nodi veri di Castiglioni.
Eppure i problemi sono sotto gli occhi di tutti: lavoro, prospettive incerte per i giovani, integrazione, questioni sociali. Nessuno pretende un colpo di bacchetta magica, ma quando c’è la possibilità bisogna volare alto, non svolazzare rasoterra.  L’unico a tenere la barra diritta è stato proprio Monsignor Fontana che nel suo intervento  ha allargato l’orizzonte, parlando di occupazione, di dignità delle persone, dei dilemmi che assillano le famiglie, invitando tutti a guardare le cose in una prospettiva che non sia solo paesana.

martedì 6 dicembre 2016

SU CASTIGLIONI INNOVA, CHI CI HA RIMESSO LE PENNE? URGONO CHIARIMENTI SU BANCA E LIQUIDATORE

Viviamo in un’epoca strana dove si spia dal buco della serratura del Grande Fratello e quando invece novità “succulente” ci vengono spiattellate davanti le scansiamo come cacche di cane. Fino a che questo lo fanno i normali cittadini nulla questio, nessun problema ma quando quest’ omissione viene da chi, per professione, fa il procacciatore di notizie allora nascono i dubbi.
In questo caso parliamo di un comunicato del Partito Democratico di Castiglion Fiorentino, pubblicato qualche tempo fa,  che metteva in luce alcune incongruenza sulla gestione dalla vicenda della Castiglioni Innova.

Non entriamo nel merito della vicenda della liquidazione di questa società e se l’operazione messa in piedi dal comune porti dei vantaggi o meno.
Quello che ci interessa è sottolineare due cose che invece sono parecchio pese e che nessuno ha considerato.

DOPO IL REFERENDUM SULLE PROVINCE E' IL CAOS

Tra le tante cose che la bocciatura delle riforme costituzionali lascia in eredità c’è la questione delle province.
Il perché è presto detto, la riforma Delrio, quella che un po’ pomposamente era stata definita come la legge che aboliva le province, abolizione per modo di dire visto che le trasformava in enti di secondo grado, anticipava di fatto gli effetti della riforma costituzionale. Poiché la riforma costituzionale non c’è più  si apre un bel problema.
Purtroppo gli effetti della riforma non sono stati cancellati: blocco delle assunzioni, trasferimento di circa 20 mila dipendenti verso altre amministrazioni, centinaia di lavoratori abbandonati nell’incertezza, servizi come  il lavoro che non si sa che fine faranno, diminuzione drastica dei trasferimenti, con rischi reali di mandare gli enti di secondo grado a gambe ritte. Tutto «in attesa» di una riforma costituzionale mai entrata in vigore.

Adesso che succederà? C’è la possibilità, concreta, che tutta la norma venga  dichiarata incostituzionale il che dimostra che non si può vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. La fretta è cattiva consigliera, si è voluto sacrificare le province, un ente che almeno in Toscana funzionava, sull’altare del populismo e dell’antipolitica ed ecco i risultati: caos normativo, dipendenti sbandati, diminuzione di risorse sul territorio, cittadini che vedono peggiorare i servizi. Davvero un bel capolavoro. 

lunedì 5 dicembre 2016

REFERENDUM, E' ARRIVATA LA BUFERA E' ARRIVATO IL TEMPORALE...

Stamattina abbiamo evitato di leggere i giornali, così che i nostri giudizi, per quanto miseri nella forma e nel contenuto, risulteranno scevri da qualunque influenza esterna.
Il fatto del giorno è la sconfitta, netta e inequivocabile, delle riforme costituzionali proposte dal governo Renzi. Alcune brevissime e schematiche considerazioni.
1)    La minoranza del PD potrà anche dirsi contenta del risultato, se fossimo in loro la saremmo molto meno, non solo perché i numeri elettorali aprono prospettive incerte per il PD , e la barca è la stessa per tutti, ma perché hanno fatto una figura pessima sul piano umano e politico. Non si può, infatti, approvare una legge in parlamento e poi dire di votare contro quella stessa legge al referendum. Sarebbe stato più coerente esprimersi in maniera contraria in parlamento e poi sostenere le ragioni del NO. E non vengano a tirare fuori la storia del combinato con la legge elettorale, la legge elettorale c’era anche prima.
2)    Non sopportiamo chi parla di festa della democrazia, questi termini abusati andrebbero messi in un cassetto. Questo non è stato un referendum come tutti gli altri ma un’ordalia, cioè un giudizio popolare su Renzi e il suo operato. E il governo ne è uscito a pezzi. Non a caso il capo del Governo ha annunciato che si dimetterà. Il che non significa che non sia un atto democratico ma non è una festa.
3)    Perché c’è stato questo voto?
Qui la considerazione è complessa, dentro quel 60% c’è di tutto, per cui metterci sopra un cappello politico è operazione complicata. Il buon Salvini non penserà mica che tutta quella gente domani sia disponibile a sostenere le sue fantasticherie?  Noi crediamo che ci stia soprattutto la disperazione di un paese che non vede all'orizzonte un futuro e soffre molto più di altri in Europa l’effetto della crisi e l’emergenza dei migranti. E’ inutile che Renzi, nel suo discorso di commiato, continui a sciorinare numeri sull'economia che non corrispondono alla realtà della vita quotidiana delle persone. L’abbiamo già detto, sarebbe utile che ministri e parlamentari si facessero quotidianamente un giro sui tram e sui treni dei pendolari per fare tesoro dei discorsi della gente.

giovedì 1 dicembre 2016

REFERENDUM I SONDAGGI CLANDESTINI

La storia dei sondaggi clandestini, sui possibili esiti del referendum, ricordiamo che in questo periodo sono vietati i sondaggi sulle intenzioni di voto per la consultazione del 4 dicembre, sta diventando una specie di mania, nonostante l’attendibilità “scientifica” di questi numeri sia tutta da provare
Però, in un momento in cui sembra che si prepari Armageddon, cioè la battaglia finale tra il bene e il male, i termini usati e i nomi inventati quantomeno ci fanno divertire.
Si va dal Conclave, con un’improbabile gara tra San NOrberto e San SIsto che vede il primo in vantaggio di 4 punti, alle classifiche calcistiche che vedono un allungo del NOvara sul SIena di quasi 8 punti, gli analisti che si occupano di automobili invece fanno sapere che il 53,5% è favorevole all’original board (corrispondente al No alle modifiche) mentre per il new board  “tifano” il 46,5%.

Un indicatore più interessante potrebbero essere le quote che, nella patria delle scommesse, cioè l’Inghilterra, si riservano al referendum italiano.
I bookmaker britannici, sembrano convinti  della vittoria del No. Per i quotisti di Ladbrokes.com la vittoria dei contrari alla riforma del Governo Renzi è a 1,29. Il successo del Sì si gioca invece a 3,50.
Per farsi un’idea, nei giorni precedenti il voto americano la vittoria di Hillary Clinton si giocava a 1,15 mentre quella di Trump era in lavagna a 4,40.
Questo per dire che non sempre le agenzie di scommesse ci indovinano.

Riceviamo e pubblichiamo: LA VICENDA DI CASTIGLIONI INNOVA tra luci e ombre

                                                                    

La vicenda della Castiglioni Innova sembra arrivata alla fine, ma ci arriva nel modo peggiore, senza un minimo di chiarezza e soprattutto infarcita di demagogia e mezze verità. Non a caso la pratica è stata portata in tutta fretta in Consiglio Comunale per impedire alle minoranze qualunque approfondimento.
In Consiglio è stato affermato che così si “piccona” il sistema di potere del PD e si smonta un poltronifico. Sono fanfaronate, con questi atti non si piccona il PD, si piccona il buonsenso.  Possiamo perdonare il giovane consigliere che si è espresso in questi termini perchè privo di memoria storica. Chi non perdoniamo è il Sindaco che da oltre vent’anni siede in Consiglio Comunale e sa benissimo come sono andate le cose. Senza Castiglioni Innova non avremmo avuto l’urbanizzazione della zona artigianale (oltre quattro milioni d’investimenti), senza Castiglioni Innova alcune aziende sarebbero andate via da Castiglioni o  non sarebbero mai venute, senza Castiglioni Innova il Comune non avrebbe avuto a disposizione un moderno capannone per  il rimessaggio dei mezzi e delle attrezzature. In quanto al poltronifico Agnelli sa bene che nei consigli di amministrazione della Castiglioni Innova c’erano anche rappresentanti della minoranza, che lui stesso indicava, e nessuno di loro ha mai sollevato obbiezioni sull'andamento della società o sulle indennità percepite.

Ma quello che ci interessa è di ben altro tenore, tre sono le questioni che richiedono un immediato chiarimento.