giovedì 15 dicembre 2016

MODERNIZZARE PER FARE COSA?

Modernizzare è una parola che si presta a molte interpretazioni per questo non è sufficiente per vestire di panni nuovi un programma di governo.  Nella storia ci sono stati innovatoti, modernizzatori, rivoluzionari che hanno provocato grandi danni per cui la cautela in questi casi è d’obbligo.  
Ma soprattutto quando si parla di modernizzare occorre avere lucidità sugli obbiettivi che si vogliono raggiungere.

Per esempio un partito che si definisce riformatore e progressista deve metter al centro della sua azione uno sviluppo regolato, rispettoso dell’ambiente e della dignità del lavoro. Non è chiedere troppo è chiedere il minimo.
Una società che funziona è infatti una società equilibrata, dove l’economia non è subordinata agli interessi di pochi ma cerca di realizzare il bene comune.  Oggi però ci troviamo a fare i conti con problemi complessi che vanno dall'immigrazione, ai diritti individuali, passando per la strada stretta di accordi internazionali che talvolta collidono con i sentimenti diffusi tra la nostra gente.
Su questi punti una forza progressista dovrebbe domandarsi come recuperate il contatto con i cittadini, per non lasciarli in balia dei venti del populismo e della xenofobia.  In questo caso non contano le prediche, contano i fatti.
 Basterebbero poche cose per cominciare a far capire che si intende invertire la rotta:
Una proposta di legge per diminuire le indennità dei parlamentari (si realizzerebbe un risparmio ben maggiore che non la scomparsa del Senato) sulla quale chiedere il voto di fiducia. Almeno si capirebbe chi sono coloro che votano contro.
Una proposta di abolizione dei vouchers contenuti nel Job Act che rappresentano ormai una vera vergogna per uno stato di diritto fondato come dice la costituzione “sul lavoro”.
Due semplici atti che darebbero un segnale di cambiamento netto e inequivocabile.


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