“Il
nulla umano” di Stefano Milighetti, 0111 edizioni è la seconda opera di questo
giovane autore. Un libro che arriva circa un anno dopo la pubblicazione di “Anima
nera” il suo romanzo di esordio.
Ma
mentre “Anima nera” ti arriva come un pugno nello stomaco, “il nulla umano” ti
scava dentro come un punteruolo e ti costringe a leggere almeno due volte le
sue pagine. Non perché sia ermetico ma perché prestandosi a una doppia chiave
di lettura, richiede un supplemento d’indagine.
Sia
chiaro il nulla umano di cui parla l’autore, non ha nulla di filosofico, non è
per intendersi, l’essere e il nulla di Sartre, è qualcosa di corposo come lo
sono gli spigoli dell’esistenza.
Per
questo va esplorato in due volte: la prima per conoscere, quella successiva per
evitare di sbattere la testa su quegli angoli acuti.
E
quando la seconda volta riprendi in mano il libro, ti si apre sotto i piedi un
abisso dove precipiti a capo fitto in un crescendo di tensione.
Al
primo impatto la sensazione che abbiamo avuto è stata quella che prova il viaggiatore
di un treno notturno che dal finestrino osserva le case lungo la linea ferrata.
A
ogni finestra corrisponde uno sprazzo di vita.
Così
sono i capitoli del “nulla umano”, si aprono come finestre su vite diverse:
Serena, Monica, Samantha, David e sulla voce narrante che le tiene insieme come
un filo di Arianna.
Solo
alla fine, quando hai esaurito tutte le ipotesi, capisci che quella voce non appartiene
a nessuno dei protagonisti o meglio appartiene all'unico vero protagonista del romanzo:
l’odio.
Un
odio sordo, implacabile, del color della notte senza luna.