Cari amici, ho visto su internet la
fotografia di una siringa e altri accessori che, come veniva spiegato, era
stata scattata in una strada del centro storico, in una di quelle strade che formano
un mezzo anello intorno all’area del Cassero.
Non so se quella siringa abbandonata sia
appartenuta a un tossicodipendente, qualcuno commentando l’immagine ha detto
che non è quello il “modello” utilizzato per certe operazioni. Confesso che ci
sono rimasto male lo stesso, perché un tempo quelli erano luoghi dove pulsava
la vita del paese e la gente se ne stava fuori, sugli scalini, a godersi il fresco
delle notti estive.
Oggi tutto è cambiato e certi vicoli,
certe stradicciole, certe piazze si sono trasformate, loro malgrado, in luoghi
del degrado.
Non voglio polemizzare con nessuno, so
bene che spesso le autorità pubbliche siano esse gialle, rosse, nere o verdi, per vari motivi, si ritrovano le mani
legate. La mia vuol essere una
riflessione sulla realtà che ci circonda e ci stringe da ogni lato.
Da una parte un mondo di lustrini, d’immagi
patinate, di giovani e meno giovani che grondano opulenza (vera o falsa non importa)
e si atteggiano come se si trovassero a Londra dalle parti di Shoreditch oppure
a El Raval di Barcellona.
Intendiamoci, la gente fa bene a divertirsi,
a gioire, a tentare di esser felice. Ma non bisogna dimenticare che la realtà
non è solo quella. Anche nel nostro
comune, che non è certo una metropoli, basta percorrere duecento metri per
ritrovarsi proiettati sull’altra faccia della luna.
Quella siringa non è di un tossicomane?
Può essere, però domandate ai residenti di quelle zone come vivono quando arriva
la notte. Andate a guardare quei luoghi
che per la storia che si portano dietro dovrebbero essere un vanto dal punto di
vista architettonico, storico, culturale e osservate il loro stato.
Non m’interessa dire di chi è la
colpa. La colpa probabilmente va ripartita un po’ tra tutti noi che ci
accontentiamo di guardare in superfice, senza capire il disagio, le difficoltà
in cui vivono le persone e non comprendiamo che le difficoltà si trasformano in
rabbia, in odio e in certi casi in autodistruzione.
Vorrei, ma mi rendo conto che è solo
una flebile speranza, che guardassimo la realtà per quella che è e non per quella che ci raccontano
spalmandogli sopra una bello strato di nutella, che rende dolce anche il pane
ammuffito.
Tornerò a parlare del centro storico,
perchè per me continua a rappresentare il cuore di una comunità.
Paolo Brandi
Nessun commento:
Posta un commento