martedì 12 giugno 2018

RIFLESSIONI SU UNA SIRINGA ABBANDONATA NEL CENTRO STORICO



Cari amici, ho visto su internet la fotografia di una siringa e altri accessori che, come veniva spiegato, era stata scattata in una strada del centro storico, in una di quelle strade che formano un mezzo anello intorno all’area  del Cassero.
Non so se quella siringa abbandonata sia appartenuta a un tossicodipendente, qualcuno commentando l’immagine ha detto che non è quello il “modello” utilizzato per certe operazioni. Confesso che ci sono rimasto male lo stesso, perché un tempo quelli erano luoghi dove pulsava la vita del paese e la gente se ne stava fuori, sugli scalini, a godersi il fresco delle notti estive.
Oggi tutto è cambiato e certi vicoli, certe stradicciole, certe piazze si sono trasformate, loro malgrado, in luoghi del degrado. 

Non voglio polemizzare con nessuno, so bene che spesso le autorità pubbliche siano esse gialle, rosse, nere o verdi, per vari motivi, si ritrovano le mani legate.  La mia vuol essere una riflessione sulla realtà che ci circonda e ci stringe da ogni lato.
Da una parte un mondo di lustrini, d’immagi patinate, di giovani e meno giovani che grondano opulenza (vera o falsa non importa) e si atteggiano come se si trovassero a Londra dalle parti di Shoreditch oppure a El Raval di Barcellona.
Intendiamoci, la gente fa bene a divertirsi, a gioire, a tentare di esser felice. Ma non bisogna dimenticare che la realtà non è solo quella.  Anche nel nostro comune, che non è certo una metropoli, basta percorrere duecento metri per ritrovarsi proiettati sull’altra faccia della luna.
Quella siringa non è di un tossicomane? Può essere, però domandate ai residenti di quelle zone come vivono quando arriva la notte. Andate a guardare  quei luoghi che per la storia che si portano dietro dovrebbero essere un vanto dal punto di vista architettonico, storico, culturale e osservate il loro stato.
Non m’interessa dire di chi è la colpa. La colpa probabilmente va ripartita un po’ tra tutti noi che ci accontentiamo di guardare in superfice, senza capire il disagio, le difficoltà in cui vivono le persone e non comprendiamo che le difficoltà si trasformano in rabbia, in odio e in certi casi in autodistruzione.   
Vorrei, ma mi rendo conto che è solo una flebile speranza, che guardassimo la realtà  per quella che è e non per quella che ci raccontano spalmandogli sopra una bello strato di nutella, che rende dolce anche il pane ammuffito.  
Tornerò a parlare del centro storico, perchè per me continua a rappresentare il cuore di una comunità.

Paolo Brandi

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