martedì 20 dicembre 2016

RACCONTO DI NATALE(2): LA BENEFICENZA PELOSA

La beneficenza è diventata il condimento fisso di cene e banchetti, ovunque spunta come un fungo questo magico ingrediente che ci consente di accettare tutto, perfino le “facce a culo”, espressione di gran moda, che per un giorno si mascherano da filantropi famigli. Manca ancora poco e poi la beneficenza verrà inserita nei menù dei ristoranti alla moda, così che, quando ci ingozziamo delle pietanze create dagli artisti del mestolo, avremo perlomeno la sensazione di fare una cosa buona.
Sia chiaro, noi siamo per la beneficenza, per la solidarietà, quella dei volontari laici, dei padri missionari, degli operatori della protezione civile di coloro che rischiano in proprio, qualche volta la pelle,  andando tra i malati, nelle bidonville, nei luoghi di distruzione, nei villaggi sperduti dell’Africa e nelle periferie urbane, che sono diventate più pericolose della giungla. Abbiamo invece le scatole piene della beneficenza ostentata perché ci ricorda troppo da vicino la parabola del ricco Epulone , ricordate l’inizio?

“C'era un uomo ricco, che era vestito di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco.”
Si sfamava di quello che cadeva, che cosa terribile! Niente di peggio di un uomo che deve contentarsi degli avanzi di un altro uomo. Quel modo di fare beneficenza sottende un mondo sbagliato, un mondo dove la carità pelosa si sostituisce alla giustizia, una forma di redistribuzione che non ci convince per niente.
La beneficenza diventa così il surrogato della nostra cattiva coscienza,  perché con quella ci mondiamo delle nostre manchevolezze, piccole o grandi, e ne usciamo puliti, pronti a ricominciare d’accapo.Perché, diciamolo onestamente, il 10% di quelli che partecipano a quelle belle serate vorrebbero vedere gli zingari appesi a un palo, il 20% preferirebbero i neri in fondo al mare piuttosto che nelle nostre strade, un altro 30% gradirebbe che, quanto meno, ci fossero meno gente con la pelle scura e barboni in giro. L’altro 50% si limita a una agnostica indifferenza, pur con qualche rigurgito xenofobo. Non stiamo esagerando perché queste sono le proporzioni che grosso modo tutti gli istituti di statistica fanno sui sentimenti della nostra gente. Sentimenti comprensibili, visto il modo sbagliato con cui si affrontano le emergenze della immigrazione e della povertà. Per cui i problemi si scaricano sempre verso il basso, mai verso l’alto.
Però facciamo bene a continuare così, perché vedete la beneficenza è meglio della citrosodina,  ci consente infatti di digerire delle pessime (di solito) cene consentendoci di affrontare  con più tranquillità d’animo e di stomaco i cenoni di Natale. 

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