Su Repubblica del 7 marzo è
stata pubblicata una lettera di Luigi di Maio che si presta a più di una
riflessione.
La politica e i casi della vita
mi hanno reso sospettoso ed ho la tendenza a trovare più strumentalità che
buona fede nelle parole di chi mi sta davanti, specialmente se si tratta di un
politico.
Questo per dire che le parole
del rappresentante dei 5 stelle non mi incantano, però ho imparato anche che
bisogna dividere il grano dalla pula e trovare sempre il buono nelle cose.
Se smontiamo la lettera nei
suoi punti principali, trovo alcune argomentazioni condivisibili. Non
fraintendetemi, questo non vuol dire che sono di quelli che montano sul carro
del vincitore, anche perché non mi farebbero salire, significa che ritrovo
nella lettera alcuni ragionamenti che da tempo sostengo.
Vediamo un po’.
- · Anche io sono convinto che il 4 marzo rappresenti uno spartiacque, nel senso che nulla potrà essere come prima. Aggiungo che l’antipolitica che diventa politica è un fatto del tutto inedito e che costringe a una riflessione sui nuovi modelli comunicativi, sull'organizzazione, sulla capacità di ascoltare i messaggi che arrivano dalla gente.
- · E’ vero come dice di Maio che i cittadini “hanno votato per mettere al centro i temi che vivono nella propria quotidianità e per migliorare la propria qualità di vita. La narrazione del “va tutto bene” non ha retto di fronte alla realtà vissuta dagli italiani”.
- · E’ vero che le priorità sono lotta all'iniquità, l’affermazione della sicurezza come diritto e la riduzione della disoccupazione. Tutte cose che appartenevano e appartengono in buona misura al patrimonio della sinistra. A questi argomenti occorre aggiungerne altri che di Maio non cita: la scuola, l’ innovazione, la ricerca e una tassazione equa.
- · Concordo che la politica debba eliminare sprechi, privilegi, conflitti d’interesse, voltagabbana e tutto l’armamentario che conosciamo.
Di fronte a questo il PD cosa
dice?
Dobbiamo continuare a sostenere
che i 5 stelle ci hanno insultato e quindi vadano al diavolo?
Ma forse Berlusconi ci aveva
trattato meglio in passato?
Il dovere di una forza politica
che intende rappresentare gli interessi di un’intera nazione è di guardare non
a ieri e nemmeno all'oggi ma al domani. Possiamo permetterci di rimanere alla
finestra?
Certo i cittadini con il loro
voto ci hanno detto “andate a casa” ma andare a casa significa non fare nulla e
aspettare che la situazione scoppi con esiti imprevedibili?
Se l’economia va a picco, se il
sistema non regge chi ci rimette è la gente comune. Il “muoia Sansone con tutti
i Filistei” non mi convince.
Io non posso e non voglio
dimenticare che tra gli 11 milioni di elettori dei 5 stelle molti votavano PD.
E solo la nostra stolida incapacità a capire il mutamento li ha consegnati mani
e piedi ai grillini. E siccome dopo la scissione dell’Aventino quello che è
successo è il più grave danno sofferto dalla sinistra italiana occorre porre
rimedio.
Il problema non sono solo gli
uomini, che pure portano responsabilità pesanti, quello che emerge è il
fallimento di una linea politica.
A mio avviso i 5 stelle con i
numeri ottenuti hanno diritto di provare a governare. A noi spetta vigilare che mantengano i punti programmatici
che di Maio ha indicato nella sua lettera.
Questa riflessione vale anche a
livello locale. Lo so che anche nel PD c’è gente che preferirebbe l’abbraccio
con una parte del centrodestra. Forse per alcuni questo deriva anche da una
comune affinità di origine politica.
Io credo invece che occorra capire
quello che è accaduto senza pregiudizi di sorta, affinando la proposta e ridando
un ruolo alla sinistra in questo paese e in questo territorio.
Paolo
Brandi
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