In
Polonia, per legge, si riscrive la Storia. Il parlamento polacco ha stabilito
che da oggi, dentro i confini della Rzeczpospolita Polska, non si potrà più
dire che l’antisemitismo è stato una componente politica nella Polonia del
ventesimo secolo.
E dico politica con ragione.
L’antisemitismo
polacco non era ideologico e razziale. Un polacco degli anni trenta non avrebbe
mai definito gli ebrei "Untermensch" cioè sub-umani, oppure larve di
un corpo in corruzione, pestilenze, calabroni scansafatiche, ragni che succhiano
il sangue delle nazioni, banda di topi, parassiti,
microbi dannosi, sanguisughe e vampiri. L’antisemitismo polacco era il brodo di
cultura con cui i nazionalisti nutrivano il consenso, accusando gli ebrei di
essere avversari dell’identità, storica e cattolica, della Polonia.
Questa
posizione politica ha portato una parte della popolazione polacca, durante
l’occupazione nazista, in particolare nelle campagne, a denunciare e massacrare
gli ebrei e in molti casi a rubare i loro beni.
Questi
sono fatti documentati, così com’è altrettanto sicuro che moltissimi polacchi abbiano
salvato gli ebrei, più che in qualsiasi altro paese dell’Europa occupata.
Tutto
vero, però, se qualcuno oggi affermasse queste cose a Varsavia a Cracovia o a
Lublino rischierebbe di essere processato e condannato.
Eppure
al di là di qualche blanda condanna non si farà nulla. Il problema è che non ci
sono strumenti efficaci per combattere questo tipo di posizioni e forse non c’è
nemmeno la convenienza. Non si spiega in altro modo la sottovalutazione (indotta
e voluta) con cui si guarda a movimenti che propugnano il negazionismo,
l’esaltazione della violenza, l’intolleranza. Basta affacciarsi alla finestra
per accorgersi di quanto questo fenomeno sia ormai diffuso e non solo nei
partiti estremisti e xenofobi.
La
verità è che la parte progressista e avanzata d’Europa, in particolare in Italia,
ha rinunciato da tempo alla storia, ha
rinunciato alla Paideia cioè alla educazione e alla formazione, ha rinunciato
alla Weltanschauung, cioè alla sua visione del mondo.
Certo
la storia va depurata dalla mitologia. Penso, per esempio, alla mitologia
dell’antifascismo, perché è ben strano un paese come l’Italia, che prima del 25
luglio del 1943 era fascista, il giorno dopo si scopre, nella stragrande
maggioranza, antifascista.
I
mali di oggi, forse, derivano anche dal non aver fatto i conti fino in fondo
col passato. Le ragioni sono tante e alcune perfino giustificabili. Di una cosa
però sono certo: senza storia e senza memoria siamo destinati a vivere in un
eterno presente e nel presente si guada solo all'interesse immediato. Non c’è respiro
profondo nel presente. E non è nemmeno vero che per proiettarsi nel futuro
bisogna cancellare quello che ci sta alle spalle.
Paolo Brandi
Trascrivo
una poesia della poetessa Zuzanna Ginczanka, dedicata, guarda caso alla signora
polacca che la segnalò ai nazisti per appropriarsi delle sue poche sostanze.
Forse
con la nuova legge approvata in Polonia questa poesia sarebbe passibile di
denuncia.
Non
omnis moriar – i miei fieri beni,
I
prati delle mie tovaglie, i saldi armadi,
Gli
ampi lenzuoli, le coperte preziose
E
gli abiti resteranno dopo di me.
Non
ho lasciato qui nessuna eredità,
Le
semitiche cose il tuo fiuto rintracci,
Chominowa
(1), audace moglie di una spia,
Delatrice
svelta, madre di un folksdojcz
Siano
utili a te e ai tuoi, non ad estranei.
Voi
miei cari – non sono parole vuote.
Vi
ricordo, e quando arrivarono gli szupo (3),
Anche
voi vi siete ricordati di me.
Che
i miei amici siedano con le coppe alzate
E
brindino al mio funerale e a ciò che avranno:
Kilim
e arazzi, piatti, candelabri –
Bevano
tutta la notte, e all’ultima stella
Comincino
a cercare gioielli e oro
Nei
divani, materassi, sotto i tappeti.
Oh,
come lavoreranno bene e in fretta,
Nugoli
di crine di cavallo e di fieno,
Nuvole
di cuscini e piumini squarciati,
Le
mani piumose diventeranno ali;
Il
mio sangue la stoppa e le piume incollerà
E
così alati in angeli si muteranno.
(1) Chominowa – Zofia
Chominowa, proprietaria dell’edificio dove abitava Zuzanna Ginczanka, durante
il suo soggiorno a Lwów negli anni 1939-1942. La Chominowa e suo figlio Marian
furono accusati di delazione nei confronti della poetessa. Nel processo
svoltosi a Varsavia a novembre del 1948, Marian Chomin fu assolto. Zofia
Chominowa invece fu condannata a quattro anni di reclus