A
Roma è stato finalmente nominato/a il
nuovo assessore/a all'ambiente, si tratta di Pinuccia Montanari, una professionista con un curriculum di tutto
rispetto: laureata in filosofia e giurisprudenza, esperta di sostenibilità
ambientale, presidente dell’Ecoistituto di Reggio Emilia e Genova, coordinatrice
del Forum per la democrazia ecologica dell’Icef (International court of the
environment foundation). E’ stata inoltre componente dell’Osservatorio
nazionale rifiuti nominata dal Governo Prodi, è componente del Comitato
scientifico della Fondazione Alexander Langer Stiftung ed ha collaborato con Alex Langer, quando era
presidente della Commissione Albania, Romania e Bulgaria del Parlamento Europeo.
Sicuramente un percorso professionale di
tutto rilievo, in cui si contemperano capacità scientifiche e capacità manageriali
con una spruzzatina di entratura politica che non fa male.
Ma
la cosa più singolare è che la neo-assessora “grillina” prima di approdare
nella città eterna è stata assessora all'Ambiente e Città sostenibile a Reggio
Emilia (2004-2009) e successivamente assessora ai Parchi storici e Decrescita
del Comune di Genova (2009-2012), tutte e due le volte per conto del PD. Una cosa davvero singolare per più motivi.
Il
primo è che i grillini, di cui apprezziamo quantomeno il grado di novità, hanno
sempre proclamato ai quattro venti di non voler spartire nemmeno un’unghia con
chi aveva fatto politica prima del loro anno zero. Evidentemente hanno cambiato
opinione, a meno che non si consideri l’incarico di assessore in un comune alla
stregua di un incarico professionale, cosa che non è.
Il
secondo è che una volta gli assessori, oltre che per competenza si sceglievano
sulla base di un’appartenenza politica. Sarebbe stato complicato, un tempo, vedere
un assessore del MSI in una giunta targata PCI. Tempi passati direbbe qualcuno,
tempi dove predominava l’ideologia, oggi che destra e sinistra sono intercambiabili,
anche i posti riservati alla politica diventano convertibili. Se le cose stanno così è bene dirlo prima
delle elezioni, così, prima di votare ci informeremo sulle competenze professionali dei candidati. A
questo punto ritorna d’attualità la
nostra richiesta che gli amministratori locali
presentino alla gente il proprio curriculum vitae.
Sarebbe una cosa parecchio interessante perché,
almeno dalle nostre parti, ne vedremmo delle belle. Pochi professori
universitari e molti nullafacenti che
hanno trovato un modo per sbarcare il lunario.
Terzo,
nei tempi in cui le cose andavano secondo una logica, gli assessori si sceglievano anche in base al luogo.
Difficile pensare che uno di Palermo prendesse l’aereo per fare l’assessore
a Milano. Oggi invece si prendono dove capita, come se il legame con il
territorio, con la storia, con la gente non contasse un fico secco. Dopo i pastori
erranti, di leopardiana memoria, ci inventeremo gli assessori erranti o se
preferite nomadi che vanno dove c’è erba da brucare.
A
questo punto si aprono prospettive inedite: visto che anche i pentastellati hanno rotto un tabù, si potrà proporre un registro
degli ex amministratori così che i neo sindaci, spesso a corto di idee oltre che
di personale capace, potranno attingere a piene mani da questo albo, mandando a quel paese l’appartenenza
politica, la storia personale, la residenza. Quello che conta è far
girare la giostra, se poi i giostrai
arrivano da lontano vuol dire che dormiranno nel carrozzone.
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