venerdì 23 novembre 2018

LA DIFESA DEL PRESEPE E LE POLITICHE SOCIALI


Non capisco perché le festività del Natale debbano diventare terreno di polemica. Ultima (e a dire il vero ricorrente) in ordine di tempo è quella sull'allestimento nel Presepe nelle scuole.
Personalmente amo il Presepe, probabilmente lo amo molto di più dell’albero di Natale, e lo difenderò sempre. Ma questo non m’impedisce di dire che su queste questioni c’è sempre chi cerca di farsi pubblicità, in specie quando riveste una carica pubblica. E credo che abbia ragione chi sostiene che le priorità, per un’amministrazione, dovrebbero essere altre: la povertà, la marginalità, le famiglie che non arrivano alla fine del mese, gli anziani che rinunciano a scaldarsi oppure non comprano le medicine perché non hanno i soldi.  

Tutto questo ormai non sembra più far parte dell’orizzonte della politica. Difatti mentre si spende fior di quattrini per organizzare feste sempre più splendide, con una sorta di gara tra i comuni a chi allestisce il Natale più bello, dall'altro si riducono le risorse per chi ha bisogno. Perciò la difesa del Presepio che arriva da certi ambienti ha il sapore acido del latte avariato. Bisogna essere conseguenti con quei valori che si dice di voler difendere, e sarebbe meglio, nelle spese pubbliche, tagliare il superfluo per dare qualcosa a chi ha bisogno.

Tuttavia dal mio punto di vista sono insopportabili anche i “turbo-laici” che vedono, per ogni dove, interferenze sullo spirito aconfessionale dello Stato. A furia  di spogliarci della storia e delle tradizioni alla fine finiremo nudi come vermi e impotenti di fronte a chi ha valori più radicati dei nostri.
Tornando al Presepe quest’ultimo non è, come ha detto qualcuno, una “abitudine”, il Presepe fa parte della nostra storia e della nostra cultura e non si può cancellare con un tratto di penna. Allestire un Presepe non significa non rispettare le altre religioni e gli altri credi.
Su quest’ultimo aspetto la scuola potrebbe fare molto, perché l’integrazione nasce dal riconoscimento reciproco e non dalla separazione. Invece di risolvere le cose non facendo nulla, sarebbe necessario spiegare agli alunni il significato ultimo di questa tradizione e inserirla, come merita, nello spirito del Natale.

Paolo Brandi

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