giovedì 1 novembre 2018

I MISTERI DEL MONUMENTO AI CADUTI DI CASTIGLION FIORENTINO




Si avvicina il 4 novembre, una data un tempo festiva, che, quest’anno, per puro caso, capita di domenica. Purtroppo, una legge “sciagurata”, l’ha trasformata in una di quelle che sono definite “festività mobili, cioè quelle giornate di celebrazione che ricadono nel giorno festivo immediatamente successivo a quello ufficiale.
Un tempo il 4 novembre si celebrava la vittoria nella prima Guerra Mondiale, oggi più prosaicamente si è trasformata nella festa dell’Unità nazionale e delle Forze Armate.
A me piace ricordarla alla vecchia maniera, perché altrimenti non si comprenderebbe il perché, quest’anno, via sia un così grande fervore nel volerla celebrare. Il motivo è presto detto: sono trascorsi esattamente 100 anni dalla fine della Grande guerra.
Un conflitto che in tre anni costò all'Italia qualcosa come 650.000 morti e a una comunità come quella castiglionese, che all'epoca contava più o meno come oggi, 13.000 abitanti, 368 caduti e dispersi.  Un costo enorme in termini di vite spezzate, dolori e rinunce.
Una guerra che è rimasta impressa nella memoria collettiva e che è commemorata in quasi tutti i paesi da monumenti e lapidi.
Castiglion Fiorentino la ricorda con una targa commemorativa nella facciata della Chiesa di Montecchio, con i monumenti di Brolio, Castroncello e Manciano e con due steli che rimandano alla memoria dei caduti della Venerabile Arciconfraternita di Misericordia e del Collegio Serristori.

Ma la ricorda soprattutto con il grande monumento ai caduti ubicato nei giardini pubblici.
Studiando le vicende che hanno portato alla realizzazione di quest’opera ho svelato, come ricorda il giornale La Nazione, due piccoli misteri.
Il primo è che nelle cronache dell’epoca i caduti castiglionesi erano indicati in 269, poi grazie al lavoro certosino, portato avanti nel 2002, del nostro concittadino Remo Ghezzi, viene fuori che i caduti castiglionesi erano stati ben 338. Mi sono domandato il perché di questa difformità. Consultando le cronache del tempo, si parla dell’anno 1923, si scopre che in questo triste computo non erano stati riportati i dispersi e chi era deceduto nei campi di prigionia o, a guerra finita, negli ospedali militari.
La burocrazia è spietata e fin quando non c’è una certificazione, oppure è trascorso un certo numero di anni non si può dichiarare qualcuno definitivamente scomparso. Immaginiamo che in molte famiglie il fatto che i loro congiunti non fossero stati dichiarati ufficialmente morti, alimentasse la  segreta speranza che qualcuno potesse tornare dalle lontane terre della Galizia o di Pannonia, laddove i nostri soldati erano stati imprigionati.
Il secondo mistero è per certi versi ancor più intrigante. Leggendo i verbali del comitato che presiedeva alla realizzazione del monumento, si scopre che dietro la targa in bronzo che rappresenta S. Michele,  posta sul basamento della scultura, era stata realizzata una teca, contenete una pergamena, con scritti i nomi dei 269 caduti. Un fatto, questo, di cui a Castiglioni si era persa la memoria. Si tratta di una sorta di capsula del tempo destinata, nelle intenzioni dei promotori dell’iniziativa, a perpetuare nei secoli i nomi dei gloriosi caduti. Oggi, che sappiamo quell'elenco essere incompleto, è sembrato doveroso aggiornarlo. Così una nuova pergamena, contenete stavolta i nomi dei caduti mancanti, sarà posta anch'essa nella base del monumento a perpetuare la memoria dei giovani castiglionesi che sacrificarono la vita in quell'immane conflitto.
Paolo Brandi

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