E’ certo che le “politiche” del
ministro Salvini su migranti e rom raccolgano un largo consenso. Le ragioni
sono diverse: esiste in una parte della nostra gente, una disposizione al
razzismo. Una disposizione alimenta da pregiudizi ma anche da comportamenti irrispettosi
che alcuni migranti hanno nei confronti del vivere civile. C’è poi un tabù
antico verso gli “zingari”, un preconcetto che nasce dalla diffidenza degli
stanziali nei confronti dei nomadi ma che trova spiegazione in atteggiamenti come
l’accattonaggio, i borseggi, i furti.
Sia chiaro, non dico di esser d’accordo,
dico che questo spirito da apartheid nella testa della gente esiste ed è duro
da estirpare, per fortuna riguarda una minoranza.
C’è poi la paura dettata dall'insicurezza.
Pur non essendo vero che tutti i
migranti sono delinquenti, è altrettanto vero che i numeri sono impietosi.
Al 1 gennaio 2016 le persone nate
all’estero ma residenti in Italia rappresentavano l’8,3% del totale della
popolazione, mentre sfioravano il 27% nella popolazione carceraria. Le ragioni
sono tante ma anche spiegandole, difficilmente, riusciremo a convincere le
persone spaventate perché la notte non possono passeggiare tranquillamente,
oppure le donne che subiscono molestie se attraversano un parco cittadino.
C’è poi un terzo elemento, a mio
avviso il più forte di tutti, che porta acqua al mulino dell’intolleranza.
Si chiama disagio economico e allora per
combattere il populismo non bisogna diventare populisti ma aggredire le cause
che lo generano.
In questo paese la gente soffre di una
crescente diseguaglianza.
Da una parte lavori precari, contratti
bloccati, stipendi bassi, scarsa mobilità sociale, fisco esoso, burocrazia alle
stelle, dall’altra un pezzo di società che si arricchisce sempre di più,
infischiandosene di tutto e di tutti.
In questa situazione è logico che gli
animi si esasperino. Chi non può pagare l’asilo nido si arrabbia col figlio del
migrante, chi non ha casa s’infuria se si vede scavalcato nella graduatoria
delle case popolari da uno straniero, chi non ha un lavoro e vive di precariato
diventa idrofobo se vede spendere miliardi per l’accoglienza. E
di esempi se ne potrebbe fare molti altri. A fronte di questa situazione la
sinistra ha perso la bussola, lasciando in mano ai demagoghi il tema della
lotta alla disuguaglianza e ai privilegi.
E’ dura recuperare lo svantaggio ma
non impossibile. In primo luogo occorre
spogliarsi di una veste troppo stretta che ci siamo cuciti addosso. Ci vuole
più umiltà, più capacità di ascolto, ci vuole più popolo e meno élite. Bisogna
scegliere da che parte stare: con i grandi gruppi industriali e finanziari o
con la gente comune?
Proviamo a dare una risposta e forse
daremo una svolta al nostro futuro.
Paolo Brandi
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