lunedì 14 maggio 2018

RENZI DEVE DIRE COSA VUOLE


Per come la vedo il governo 5 stelle e Lega si farà, nonostante il giallo verde non sia un grande accostamento cromatico, pur avendo dei precedenti illustri nel mondo dei pali: è giallo verde la Nobile Contrada del Bruco a Siena e Borgo S. Lazzaro ad Asti.
Nel mondo del calcio invece il binomio giallo-verde, senza voler togliere nulla a nessuno non ha progenitori nobili. Le ricerche ci dicono che si fregiano di quest’abbinamento ben poche squadre, due fra tutte lo Şanlıurfa Spor Kulübü che gioca in seconda divisione Turca e il Melfi che milita in eccellenza. Altra cosa sarebbe stata un governo rosso-nero, bianco-nero, neroazzurro, biancorosso ma gli elettori hanno scelto diversamente.
Così il giallo verde è arrivato alla seria A della politica e c’è arrivato sulla scorta di un sentimento diffuso che mette insieme disperazione e speranza, voglia di cambiamento e conservazione, lotta ai privilegi e difesa delle piccole patrie.  

Ma nonostante le molte contraddizioni, il cambiamento c’è stato. Ha ragione Di Maio quando dice “qui si fa la storia”. Oddio poteva utilizzare una frase diversa, visto che è la stessa del colonnello Amon Goeth nel film Schindler's List quando parla dello sterminio degli ebrei di Cracovia, ma nella sostanza è corretta.
Con questo governo, se nascerà, si riscriverà un pezzo di storia. E’ la prima volta che partiti o movimenti che non appartengono alle grandi famiglie politiche europee: liberali, conservatori, socialisti, nazionalisti, si presentano uniti alla prova del governo.

E non crediate che durerà poco. Se le cose vanno come credo verso un ammorbidimento dei parametri europei, verso una stretta nei confronti degli immigrati e un minimo di riforme i giallo verdi resisteranno perché non c’è miglior cemento del potere.  
Quel potere che, con grande scorno del PD, rischia di calare come una scure sulle amministrative prefigurando scenari da paura nelle città dove Lega e Cinque Stelle rischiano di saldarsi in un abbraccio mortale per qualunque prospettiva di centro sinistra.
Detto questo resta un grande nodo irrisolto che si chiama PD. Un partito che sembra, come diceva il poeta, una “nave sanza nocchiere in gran tempesta”.
Ma non tutto è perduto, però ci vuole chiarezza. Senza chiarezza non si arriva da nessuna parte. Invece tutti hanno una paura fottuta di scoprirsi, come gli struzzi che per non vedere il pericolo infilano la testa sotto la sabbia.
Riconosco a Renzi di essere un coraggioso, lo è stato nella prima parte della sua vita politica e lo è stato in alcuni provvedimenti di governo, ma essere coraggiosi non significa aver ragione per forza. Se la maggioranza dell’elettorato ti volta le spalle non può essere colpa del destino cinico e baro.
Per questo io non contesto che Renzi debba dire la sua: vuole aprire l’assemblea del PD? Bene, quello che m’interessa è capire cosa dirà. E qui cominciano i dolori.
Perché Renzi, che ancora, almeno nominalmente, rappresenta la maggioranza del Pd, ha l’obbligo di dire cosa vuole.
Vuole un partito alla Macron? Lo dica.
Vuole un’alleanza organica con Forza Italia per combattere i giallo-verdi? Lo dica.
Ritiene chiusa l’esperienza di sinistra in questo paese? Lo dica.
Ritiene che le riforme non debbano mirare alla ricerca della giustizia sociale ma servano ad accentuare la competitività sociale, magari addolcita da qualche tratto compassionevole? Lo dica.
Si potrebbe durare ancora a lungo, però mantenersi nell’ambiguità non è utile a Renzi e non è utile al PD.

Paolo Brandi


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