Per
come la vedo il governo 5 stelle e Lega si farà, nonostante il giallo verde non
sia un grande accostamento cromatico, pur avendo dei precedenti illustri nel
mondo dei pali: è giallo verde la Nobile Contrada del Bruco a Siena e Borgo S.
Lazzaro ad Asti.
Nel
mondo del calcio invece il binomio giallo-verde, senza voler togliere nulla a
nessuno non ha progenitori nobili. Le ricerche ci dicono che si fregiano di quest’abbinamento
ben poche squadre, due fra tutte lo Şanlıurfa Spor Kulübü che gioca in seconda
divisione Turca e il Melfi che milita in eccellenza. Altra cosa sarebbe stata
un governo rosso-nero, bianco-nero, neroazzurro, biancorosso ma gli elettori
hanno scelto diversamente.
Così
il giallo verde è arrivato alla seria A della politica e c’è arrivato sulla
scorta di un sentimento diffuso che mette insieme disperazione e speranza, voglia
di cambiamento e conservazione, lotta ai privilegi e difesa delle piccole
patrie.
Ma
nonostante le molte contraddizioni, il cambiamento c’è stato. Ha ragione Di Maio
quando dice “qui si fa la storia”. Oddio poteva utilizzare una frase diversa,
visto che è la stessa del colonnello Amon Goeth nel film Schindler's List
quando parla dello sterminio degli ebrei di Cracovia, ma nella sostanza è
corretta.
Con
questo governo, se nascerà, si riscriverà un pezzo di storia. E’ la prima volta
che partiti o movimenti che non appartengono alle grandi famiglie politiche
europee: liberali, conservatori, socialisti, nazionalisti, si presentano uniti alla
prova del governo.
E
non crediate che durerà poco. Se le cose vanno come credo verso un
ammorbidimento dei parametri europei, verso una stretta nei confronti degli
immigrati e un minimo di riforme i giallo verdi resisteranno perché non c’è miglior
cemento del potere.
Quel
potere che, con grande scorno del PD, rischia di calare come una scure sulle
amministrative prefigurando scenari da paura nelle città dove Lega e Cinque Stelle
rischiano di saldarsi in un abbraccio mortale per qualunque prospettiva di
centro sinistra.
Detto
questo resta un grande nodo irrisolto che si chiama PD. Un partito che sembra, come
diceva il poeta, una “nave sanza nocchiere in gran tempesta”.
Ma
non tutto è perduto, però ci vuole chiarezza. Senza chiarezza non si arriva da
nessuna parte. Invece tutti hanno una paura fottuta di scoprirsi, come gli
struzzi che per non vedere il pericolo infilano la testa sotto la sabbia.
Riconosco
a Renzi di essere un coraggioso, lo è stato nella prima parte della sua vita
politica e lo è stato in alcuni provvedimenti di governo, ma essere coraggiosi
non significa aver ragione per forza. Se la maggioranza dell’elettorato ti
volta le spalle non può essere colpa del destino cinico e baro.
Per
questo io non contesto che Renzi debba dire la sua: vuole aprire l’assemblea
del PD? Bene, quello che m’interessa è capire cosa dirà. E qui cominciano i
dolori.
Perché
Renzi, che ancora, almeno nominalmente, rappresenta la maggioranza del Pd, ha l’obbligo
di dire cosa vuole.
Vuole
un partito alla Macron? Lo dica.
Vuole
un’alleanza organica con Forza Italia per combattere i giallo-verdi? Lo dica.
Ritiene
chiusa l’esperienza di sinistra in questo paese? Lo dica.
Ritiene
che le riforme non debbano mirare alla ricerca della giustizia sociale ma servano
ad accentuare la competitività sociale, magari addolcita da qualche tratto compassionevole?
Lo dica.
Si
potrebbe durare ancora a lungo, però mantenersi nell’ambiguità non è utile a
Renzi e non è utile al PD.
Paolo Brandi
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