“Se non si comportano bene mandiamo a casa anche questi…” è stato il lapidario
commento di una signora al bar mentre un uomo ben vestito leggeva ad alta voce
i punti del contratto tra 5 stelle e Lega, ricavati dalla prima pagina di un
giornale.
In quell’affermazione c’è un condensato di tutto quello che è accaduto
negli ultimi anni di vita politica in Italia: la delusione palpabile per quelli
che c’erano prima. La mobilità dell’elettorato, una persona che parla così in passato
ha votato Berlusconi e poi il Pd e l’ultima volta forse i 5 stelle. Sempre con
l’idea di cambiare in meglio.
Ma cos'è il meglio? Per quella signora il meglio, ne sono convinto, è
fatto di cose semplici: sentirsi più sicura quando cammina per strada, non
assistere alle ruberie, avere uno stipendio o una pensione dignitosi, una
sanità che funziona, un posto di lavoro per il figlio. Cose normali in un paese
normale.
E qui sta la colpa, l’immensa responsabilità di chi fino ad oggi ha
governato: aver costretto quella signora e con lei milioni di altre persone, a
seguire, più per disperazione che convinzione, i pifferai magici che promettono
tutto e il contrario di tutto.
Perché lo capisce anche un bambino che non è possibile ridurre le
tasse e dare il reddito di cittadinanza, chiedere alla BCE di rinunciare al
debito con l’Italia e nel frattempo sostenere l’uscita dall’Euro.
A questo punto giacché, come io credo, tante promesse saranno mancate,
toccherà a qualcun altro dare risposte ai bisogni di quella donna.
Toccherà al PD? Forse sì, ma occorre, da subito, un ravvedimento collettivo,
cosa difficile in un partito che dopo aver preso schiaffi dagli elettori,
continua imperterrito nella sua nemesi, litigando e dividendosi.
Ma almeno si litigasse per cose serie.
Almeno si litigasse sui valori, sui fondamenti, sui progetti, sui
programmi. No! Si litiga sui
posizionamenti in vista di un futuro
congresso.
Per questo insisto nel dire che Renzi, attuale azionista di riferimento
del Pd, deve dire quel che vuole ma devono anche dirlo i suoi oppositori. Io ne
ho le tasche piene di battute inutili.
Per esempio, alcune cose sollevate nel contratto di governo non sono
mica da buttare via: il tema di una riduzione delle tasse è reale ma non nei
modi in cui è proposto. La flat-tax e una ingiustizia, perché non è la stessa
cosa una aliquota unica per chi guadagna 1.000 euro o per chi guadagna un
milione. Altra cosa sarebbe ridurre il costo del lavoro per cui un imprenditore
paga, si fa per dire, 3.000 euro al mese per un dipendente ed al lavoratore
vanno in tasca 1.200 euro scarsi. Così com'è giusto battersi contro i vitalizi
e le pensioni d’oro, è immorale che ci siano pensioni da fame e altre che consentono
vite da nababbi.
Insomma sul piano dell’equità la sinistra avrebbe molto da dire ma
tace, convinta che in tempi di turbo-finanza trionfante Marchionne e i suoi
operai (anche in questo caso si citano dei nomi per intenderci) siano la stessa
cosa.
Così no sarebbe male interrogarsi per quale motivo il ragazzo del fast-food,
che guadagna una miseria senza garanzie dovrebbe votare a sinistra, lo stesso
si potrebbe dire per il giovane ricercatore costretto a emigrare all'estero. Perché
dovrebbe votarla il professore che non ha più un ruolo sociale, oppure l’artigiano
subissato d’imposte e burocrazia. Perché dovrebbe votarla la signora che la
sera non può uscire di casa perché il quartiere è preda di spacciatori.
Un elenco infinito d’ingiustizie alle quali è necessario dare risposta
altrimenti vinceranno sempre i pifferai.
Paolo Brandi
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