Quando si scrive,
che sia una frase, un pensiero o
qualcosa di più ponderoso come un libro ci si mette sempre una
parte di noi.
A meno che
non si tratti di quelle frasi ad effetto che spesso fioriscono sulle labbra di
tanti imbonitori di piazza. Ma, anche in tal caso, c’è sempre un disvelamento
di quello che siamo.
Che cosa? E’ facile rispondere, in quella gente c’è l'atavica furbizia del guitto, la capacità oratoria del trombone e sempre più
spesso anche una dose di meschina volgarità da osteria che di questi tempi fa aumentare l’audience.
Io sono al
quarto libro pubblicato, ho ancora qualche idea nel cassetto ma è li ferma al buio
che aspetta di venir fuori.
Sta nascosta
forse perché si vergogna di guardarsi allo specchio, forse perché è timorosa o forse,
molto più semplicemente, perché non è ancora ben vestita ed andarsene in giro nudi non è giudicato segno
di eleganza.
Cosa c’è invece nel “Club degli atleti’”?
Una trama che prende spunto da un fatto vero. Ma non chiedetemi
dove e non chiedetemi quando, tanto non parlerò.
Vi posso solo dire che sono cose successe qui
vicino. Ma di là dallo spunto (reale) subito dopo parte il turbo della fantasia che si
dipana su strade lontane. Viaggerete in città che pochi conoscono, terre di
confine tra realtà e sogno, dove la battaglia per l’esistenza è cruda e non consente
esitazioni.
Il “Club
degli Atleti” è un libro duro, non è fatto per palati raffinati, abituati alla produzione
letteraria di chi di mestiere vende se stesso e i sentimenti. E’ un periplo tra quotidianità e fantasia dove il sangue si
mischia a una misura di follia e quest’ultima ripaga con improvvise accelerazioni
.
Fatemi
sapere cosa ne pensate, naturalmente una volta che l’avrete letto.
Paolo Brandi
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