La
scuola sembra diventata un campo di battaglia.
Un campo di battaglia a senso
unico, dove sempre più spesso maestri e professori sono vittime di violenze
verbali e fisiche da parte di alunni e genitori.
E’
una delle tante vergognose peculiarità che contraddistinguono il nostro bel paese.
Qualcuno, in vena di paragoni, dirà che in America gli studenti sparano col
fucile mitragliatore, ma il fatto che negli Stati Uniti vi sia un livello endemico
di violenza non giustifica le nostre cazzate.
La
verità è che l’Italia riverbera nella scuola la sua anima più brutta: decadenza
dei valori, svilimento dell’educazione, caduta del principio di autorità.
Tutto
è possibile quando non vi sono più regole e ogni aberrazione è consentita.
La
patria potestà, l’iper-protezione diventano giustificazioni sufficienti per
spaccare il muso a un professore, magari riprendendo col telefonino per
ritrasmetterlo sui social.
Tutto
è possibile quando personaggi dall’ignoranza abissale e talvolta dalla dubbia
moralità, si permettono di valutare curriculum scolastici, pagelle, giudizi e
quant’altro concorre a formare l’educazione di un ragazzo. Sarebbe come se qualcuno
in sala operatoria, senza avere nessuna nozione di medicina, dicesse al
chirurgo cosa fare e come comportarsi.
Lo
accettereste?
Lo
ripeto, è un’infamia che i nostri maestri e professori siano sottopagati, con
un livello di retribuzione tra i più bassi d’Europa. Che il loro ruolo sociale
sia in sostanza ridotto a zero e che tutto quello che ruota intorno alla scuola
sia considerato un inutile orpello.
E
se qualcuno mi viene a dire che hanno tre mesi di ferie e non fanno un cazzo stavolta
gli sputo in un occhio. Non per quello
che dice, bensì per quello che non sa.
Perché
non sa che i programmi scolastici sono cambiati, che le ferie non sono più tre
mesi, che gli insegnati sono compressi in orari che spesso occupano l’intera
giornata.
Ma
soprattutto gli sputo in un occhio perché non ha capito che la scuola è alla
base della cresciuta economia e civile di una nazione.
Non
a caso i paesi che vanno meglio sono quelli che investono di più in educazione e
formazione.
La
Cina o l’India non sono solo salari bassi e sono anche università e scuole che funzionano,
e lo stesso vale per gli USA e la Germania. Però, in quei paesi, nessun
genitore si sognerebbe di oltraggiare un professore e di prenderlo a calci.
Per
questo credo che uno dei temi della campagna elettorale avrebbe dovuto essere la
scuola e la cultura. E invece sembra che questi temi arrivino sempre tra il
decimo e il dodicesimo posto tra le priorità dei programmi dei partiti.
Io
non sono per la scuola autoritaria, dove il maestro dava bacchettate gli
scolari, ma non sono nemmeno per quest’arca di Noè, in cui convivono bestie di
tutti i tipi e dove chi ruggisce più forte, diventa il padrone.
Voglio
una scuola che funzioni perché, senza educazione, un popolo è destinato all'estinzione.
Paolo Brandi
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