Si torna a
parlare di proposte di legge contro la propaganda nazifascista, e se ne torna a
parlare dopo settantadue anni dalla fine della seconda guerra mondiale.
Evidentemente c’è
un motivo. Il motivo è semplice: da qualche anno (e non da ora) si assiste a un
profluvio di propaganda “nazi” sui social, a curve degli stadi imbottite di
svastiche e rune, a slogan e braccia tese nel saluto romano in occasione di
ricorrenze storiche. Oltre, ovviamente, alla
solita oggettistica accendini col fascio, busti del Duce e manganelli con l’immancabile
scritta “me ne frego”.
Questa recrudescenza,
amplificata a dismisura da internet, ha indotto alcuni parlamentari a
presentare un disegno di legge
intitolato “ Introduzione dell’articolo 293-bis del codice penale, concernente il
reato di propaganda del regime fascista e nazifascista”.
Diciamo subito
che il provvedimento ci sconcerta. Perché quando c’è necessità di una legge per
rispondere a un fenomeno politico vuol dire che si è impotenti su altri fronti.
A noi non
piacciono le leggi che mettono sotto torchio le idee, per quanto quelle idee
possano essere aberranti e politicamente oscene. Non ci piacciono perché sono
il segnale di un fallimento. Il fallimento è quello che dopo settanta anni si è
costretti a intervenire con provvedimenti coercitivi per combattere la diffusione
della propaganda nazi-fascista nel nostro paese.
La stessa cosa
non avviene in Germania che pure è stata la culla dell’hitlerismo, la stessa
cosa non avviene in Spagna con il franchismo, la stessa cosa non avviene in
Portogallo con il Salazarismo. Qual è il motivo di questa differenza di
approccio ai fascismi?
Nessuno si pone
questa domanda, perché è una domanda importuna. La verità è che da noi non si è
mai fatto i conti con il fascismo. Non si è voluto riconoscere che faceva parte
della nostra storia e che la sua natura era connaturata a larga parte del
popolo italiano. Se oggi un Mussolini redivivo (quello vero non qualche suo
pallido imitatore) si presentasse alle elezioni raccoglierebbe percentuali a
due cifre.
Da dove nasce l’amore
per l’uomo forte?
Nasce dalle nostre
paure che governano questi tempi incerti: la crisi economica, l’invasione degli
immigrati, il terrorismo islamico. Nessuno a sinistra sembra voler tener conto dei
sentimenti di grande frustrazione e rabbia che attraversano l’opinione pubblica.
Nessuno sembra voler pesare la rabbia che è comune in Europa come in America,
nei confronti di una classe dirigente che si percepisce come corrotta.
E’ dunque inutile
processare le idee se dietro non c’è una battaglia culturale e politica, battaglia
che la sinistra ha rinunciato a fare e la destra, quella che a parole si richiama
ai valori liberali, non ha mai fatto perché ha sempre strizzato l’occhio all'estremismo neofascista.
Nel nostro
piccolo, parlo di Castiglion Fiorentino, abbiamo assistito a fenomeni simili a
quelli che le leggi proibirebbero e che invece sono passati come acqua fresca
sotto gli occhi della gente: scritte contro gli ebrei, svastiche proiettate con
effetti stroboscopici, graffiti neonazisti. A questo corrisponde la presenza in
Consiglio Comunale di consiglieri dichiaratamente fascisti. Presenza legittima
sia chiaro, visto che hanno ottenuto molti voti personali, ma che la dice lunga sull'aria che si respira e sulla impotenza di una sinistra locale molto
preoccupata a sbranarsi ma poco interessata a quello che gli succede attorno.
E in questo gran
marasma ha buon gioco chi semplifica, chi rimesta nella merda della crisi per
attizzare i peggiori istinti. Che poi alcuni
cavalli di battaglia della destra non siano tutti ronzini è altrettanto vero:
penso alla lotta contro la mondializzazione che schiaccia le culture nazionali,
per cui si smetterà presto di insegnare storia e geografia. Alla necessità di porre un freno all'immigrazione incontrollata, non per razzismo ma perchè non siamo in grado di sostenerla. All'idea che i diritti non possono sopravanzare i doveri. Continuiamo pure a negare la
crisi con numeri farlocchi che parlano di ripresa, continuiamo a pensare che il
buonismo risolva i problemi, continuiamo ad affermare che l’economia globalizzata
è positiva perché crea posti di lavoro in Bangladesh e li distrugge a Torino. Però
poi non meravigliamoci se la destra e la demagogia conquistano spazi e zone che
fino ad oggi appartenevano alla sinistra. Andate a vedere il voto nei quartieri
popolari delle grandi città e dopo ne riparliamo. Ecco perché le leggi servono a poco.
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