“Illusione
dolce chimera sei tu…” cantava tanto tempo fa Achille Togliani, chissà perché
ci è tornata in mente quella canzone quando abbiamo letto del convegno che si è
tenuto mercoledì 15 febbraio al Centro S. Agostino di Cortona sulle aree di
crisi industriale non complesse.
Un
appuntamento promosso dai comuni di Cortona e Castiglion Fiorentino in
collaborazione con la Regione Toscana.
Sia
chiaro, l’argomento merita attenzione ma non può essere foriero di chissà quali
illusioni, perchè la realtà dei fatti è ben dura. Purtroppo c’è chi su questi abbagli
ci gioca, c’è chi li alimenta, facendo credere che tra qualche tempo verranno risollevate
le sorti di un tessuto produttivo
pesantemente colpito dalla crisi.
Le
cose stanno in maniera diversa.
Cominciamo
dai fondi disponibili per le aree di crisi non complessa, si tratta di circa 80
milioni di euro per tutta Italia e non come qualcuno aveva contrabbandato 80
milioni per la sola Toscana.
Per
quanto riguarda le spese ammissibili a un eventuale finanziamento, esse non
devono essere inferiori a 1.500.000,00, Il che vuol dire al massimo 55 progetti
finanziati in tutta Italia, per la Toscana si parla di 5 progetti. Ma la cosa
più importante è che se qualcuno si era sognato che questi soldi arrivassero
come la manna dal cielo deve ricredersi. I finanziamenti non sono per le
amministrazioni ma per gli imprenditori che investono sul territorio, soggetti privati
che hanno voglia di compartecipare e di rischiare. Insomma siamo alla presenza
di un provvedimento che richiede gambe solide per camminare.
Per
questo motivo ci aspettavamo che uscisse dal convegno un’idea su come
attrezzarsi per rendere competitiva e appetibile per le imprese la Valdichiana,
visto che l’area di crisi è stata
riconosciuta per due situazioni: zuccherificio e Cantarelli, che hanno funestato
dal punto di vista occupazionale il territorio.
Invece
si è assistito, da parte di chi è stato votato dai cittadini per avere una
visione larga dei problemi, a una specie di balletto, di rimpallo, di
narrazione, dove da una parte si celebra la Valdichiana bucolica e dall'altro emerge
una debolezza progettuale che fa paura.
Si
parla ormai esclusivamente di aziende legate alla trasformazione dei prodotti
agricoli, non sarebbe una cattiva idea vista la forza del settore primario
della vallata. Ma per fare cosa? Non tutte le aziende di trasformazione sono
uguali.
Lo
zuccherificio per esempio era una di queste, eppure in parecchi sostenevano che
rappresentava una terribile fonte d’inquinamento. Le industrie non sono “pulite”: c’è da
smaltire i residui, c’è il consumo di suolo, c’è il problema dell’impatto
paesaggistico e c’è l’argomento, da non sottovalutare, di come si concilierebbe
uno sviluppo industriale con il distretto biologico che sembra essere la nuova
frontiera del nostro territorio. E
allora ci domandiamo perché un imprenditore dovrebbe venire a investire in Valdichiana
quando da ogni parte di fa di tutto per scoraggiarlo? Vincoli alle cubature dei
capannoni, zone industriali insufficienti, paure.
Tutte
questioni alle quali dovrebbero dare risposta gli amministratori e invece si
glissa, si dribbla e ci si consola con un piano per le aree di crisi che, viste le premesse, non sembra avere un grande respiro.
Quella
che manca è un modello di crescita, la nostra fortuna in passato è stata un mix
di diversi fattori: industria, artigianato, turismo, commercio e agricoltura. Forse
è quella la strada da recuperare.
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