venerdì 17 febbraio 2017

CONVEGNO DI CORTONA SULLE AREE DI CRISI ARIA FRITTA O QUALCOSA DI CONCRETO?


“Illusione dolce chimera sei tu…” cantava tanto tempo fa Achille Togliani, chissà perché ci è tornata in mente quella canzone quando abbiamo letto del convegno che si è tenuto mercoledì 15 febbraio al Centro S. Agostino di Cortona sulle aree di crisi industriale non complesse.  
Un appuntamento promosso dai comuni di Cortona e Castiglion Fiorentino in collaborazione con la Regione Toscana.
Sia chiaro, l’argomento merita attenzione ma non può essere foriero di chissà quali illusioni, perchè la realtà dei fatti è ben dura. Purtroppo c’è chi su questi abbagli ci gioca, c’è chi li alimenta, facendo credere che tra qualche tempo verranno risollevate  le sorti di un tessuto produttivo pesantemente colpito dalla crisi.
Le cose stanno in maniera diversa.
Cominciamo dai fondi disponibili per le aree di crisi non complessa, si tratta di circa 80 milioni di euro per tutta Italia e non come qualcuno aveva contrabbandato 80 milioni per la sola Toscana. 

Per quanto riguarda le spese ammissibili a un eventuale finanziamento, esse non devono essere inferiori a 1.500.000,00, Il che vuol dire al massimo 55 progetti finanziati in tutta Italia, per la Toscana si parla di 5 progetti. Ma la cosa più importante è che se qualcuno si era sognato che questi soldi arrivassero come la manna dal cielo deve ricredersi. I finanziamenti non sono per le amministrazioni ma per gli imprenditori che investono sul territorio, soggetti privati che hanno voglia di compartecipare e di rischiare. Insomma siamo alla presenza di un provvedimento che richiede gambe solide per camminare.

Per questo motivo ci aspettavamo che uscisse dal convegno un’idea su come attrezzarsi per rendere competitiva e appetibile per le imprese la Valdichiana, visto che  l’area di crisi è stata riconosciuta per due situazioni: zuccherificio e Cantarelli, che hanno funestato dal punto di vista occupazionale il territorio.
Invece si è assistito, da parte di chi è stato votato dai cittadini per avere una visione larga dei problemi, a una specie di balletto, di rimpallo, di narrazione, dove da una parte si celebra la Valdichiana bucolica e dall'altro emerge una debolezza progettuale che fa paura.
Si parla ormai esclusivamente di aziende legate alla trasformazione dei prodotti agricoli, non sarebbe una cattiva idea vista la forza del settore primario della vallata. Ma per fare cosa? Non tutte le aziende di trasformazione sono uguali. 
Lo zuccherificio per esempio era una di queste, eppure in parecchi sostenevano che rappresentava una terribile fonte d’inquinamento.  Le industrie non sono “pulite”: c’è da smaltire i residui, c’è il consumo di suolo, c’è il problema dell’impatto paesaggistico e c’è l’argomento, da non sottovalutare, di come si concilierebbe uno sviluppo industriale con il distretto biologico che sembra essere la nuova frontiera del nostro territorio.  E allora ci domandiamo perché un imprenditore dovrebbe venire a investire in Valdichiana quando da ogni parte di fa di tutto per scoraggiarlo? Vincoli alle cubature dei capannoni, zone industriali insufficienti, paure.
Tutte questioni alle quali dovrebbero dare risposta gli amministratori e invece si glissa, si dribbla e ci si consola con un piano per le aree di crisi che,  viste le premesse,  non sembra avere un grande respiro. 
Quella che manca è un modello di crescita, la nostra fortuna in passato è stata un mix di diversi fattori: industria, artigianato, turismo, commercio e agricoltura. Forse è quella la strada da recuperare.


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