“Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!”
Le parole del sommo Dante, ci sono
venute in mente analizzando la situazione in cui si dibatte oggi il PD. Il più
grosso partito italiano (almeno ancora è così, dicono i sondaggi) si divincola come
un pesce nella rete, senza riuscire a trovare una via d’uscita da una disputa
interna che, ai più appare fuori dal mondo, ma che, se presa per il giusto
verso, potrebbe essere utile a dare un piccolo contributo per ridisegnare le coordinate
di una sinistra moderna, in grado di affrontare i grandi temi del domani.
Purtroppo mentre da noi assistiamo a
una sorta di batracomiomachia (battaglia tra topi e rane) il mondo corre veloce
e cambia verso come una trottola impazzita: il liberismo è difeso da un presidente
della Cina (ancora formalmente comunista, il protezionismo, nella sua accezione
peggiore, è difeso da un multimiliardario diventato (non per caso) presidente
degli USA e la giustizia sociale dal Papa di Roma.
Il dibattito del PD, se volasse un
pochino più alto delle carte bollate, potrebbe aiutare una sinistra europea, dove
i partiti che s’ispirano al socialismo o trovano rifugio in vecchie certezze
(vedi Inghilterra e Francia) con il rischio di prendere sonore batoste, oppure,
come in Spagna, si mimetizzano nell'astensionismo per evitare di assumersi
responsabilità di governo. L’ SPD è un caso a parte ma non pare godere di buona
salute.
Un dibattito serio nel PD (dove non
mancano cervelli in grado di funzionare ma che oggi sono soffocati dal
conformismo) potrebbe aiutare a capire perché in Germania una fetta di elettorato
di sinistra è costretta a fare il tifo per la Merkel oppure il motivo per cui in
Olanda, Francia e nella stessa nazione tedesca (brutta roba) la destra estrema
può fare il pieno dei voti.
E da noi? Da noi a fronte di una
situazione ingarbugliata dal punto di vista economico, dove siamo dentro un
imbuto in cui la produttiva cresce a stento e il problema del lavoro è
pressante, dove la legge elettorale la fanno i giudici, l’unica soluzione pare
essere andare di corsa al voto? Sperando in cosa? Nel beato nulla, perché se la
legge elettorale rimarrà quella uscita dalla Consulta verrà fuori solo una gran
confusione. Difficile, infatti, che uno dei partiti in corsa arrivi al 40% dei consensi.
E il PD che fa? Litiga.
Litiga perchè
ha paura di affrontare la realtà, nonostante venga fuori da
una bocciatura netta al referendum, troppo frettolosamente archiviata, da una tornata
amministrativa negativa, anche quella già riposta negli scatoloni e appare
inane di fronte ai nodi veri che passano tutti, nessuno escluso, dall'economia perché,
come dice il vecchio proverbio, “senza soldi un'canta i'cieco e se canta canta
male”.
E il PD di fronte a questo marasma che
fa? Litiga. Ma almeno ci fosse una prospettiva: da una parte le falangi renziane
e dall'altra un’opposizione unita.
Invece no, Renzi teine insieme le sue
coorti e dall'altra abbiamo varie tribù: Rossi, Emiliano,
Speranza , D’Alema, ognuna con le sue ricette e le sue (scarse) aspettative. Perché
diciamo scarse? Perché una sinistra PD, ammesso che la definizione sia quella
giusta, in queste condizioni non va da nessuna parte.
Ora l’incazzatura è sul congresso e in
questo ha una parte di ragione Emiliano, le regole in periodo di emergenza, e
questo è un periodo di emergenza, si ridiscutono, evocare il voto senza sapere
quale sarà il destino prossimo del PD in termini di uomini, politiche, prospettive
e idee ha il sapore di “vecchio”, alla faccia dei rottamatori di turno. Checché ne dicano gli epigoni di Renzi è
chiaro che si vuole andare la voto senza dibattito per blindare le liste, molti
fedelissimi e pochi rompipalle. Dimenticando però che le regole impongono le primarie
e lì se ne potrebbero vedere delle belle. Ma la cosa peggiore, in tutta questa
vicenda senza né capo né coda, è che chi ne escono mortificati, sono gli iscritti
costretti a leggere sui giornali le esternazioni di capi e capetti, compresi quelli
che, dopo le pessime figure rimeditate tra Roma e il referendum, dovrebbero ritirarsi
per qualche tempo in un convento a meditare. Qualcuno di questi “fenomeni” dalla
battuta facile, dice che il PD non deve aver paura di ascoltare la voce degli
italiani (tramite il voto) a maggior ragione non dovrebbe aver paura di ascoltare
la voce degli iscritti. Altrimenti hanno ragione quei ragazzi che in una
recente intervista hanno detto “ma che senso ha iscriversi a un partito?”.
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