La vicenda su presunti casi di
corruzione nel settore dei rifiuti che riguardano l’ATO Toscana Sud, può essere
l’occasione per aprire una riflessione politica (brutta parola di questi tempi, ma non ne conosciamo altre) sul ruolo che, in settori decisivi come energia,
rifiuti, acqua possono e debbono giocare le amministrazioni locali.
Per anni ci si è ubriacati pensando
che la presenza del privato, introducendo elementi di mercato, fosse di aiuto alle
aziende pubbliche per migliorare le prestazioni, per garantire efficienza e, in
prospettiva, per calmierare le tariffe. Ambiti più grandi dovevano portare a
economie di scala e le professionalità esterne dovevano garantire il salto di
qualità.
Purtroppo le cose non sono granché migliorate,
è vero che ci sono stati investimenti, per esempio nel servizio idrico, ma
dentro un mercato protetto, dove l’investimento era ed è garantito dalle
tariffe per cui, alla fine, il rischio d’impresa si riduce a zero.
In altre parole forse non ci sarebbe
stato bisogno di capitali privati e consulenti per arrivare a quel risultato.
E’ giunta l’ora per la politica di
recitare il “mea culpa” e ammettere che in molti casi si è sbagliato. Si è sbagliato
a cedere i servizi pubblici a una logica privatistica (non privata), dove i
margini di redditività, necessari perché altrimenti un’impresa va gambe ritte, finiscono nelle tasche dei soci privati invece di trasformarsi in servizi
per la gente.
In questo senso va abbandonata quella
mentalità iperliberista che ha annebbiato le ragioni di un governo progressista
e di sinistra dei nostri territori. La logica non può essere quella dell’impresa
e basta ma bisogna aggiungere al termine impresa l’aggettivo qualificativo “sociale”.
Le imprese che gestiscono servizi essenziali per la vita delle persone devono
tornate a esser guidate con una logica comunitaria. Accanto a questo è necessaria un’operazione
di verità. Bisogna avere la capacità, l’umiltà e la costanza di tornare a parlare
con la gente, parlare di costi, di priorità, di obiettivi. Spiegando per esempio che i servizi non possono
essere gratuiti, che portare l’acqua e depurarla, ampliare la rete fognante, raccogliere
e smaltire i rifiuti, rendere capillari le reti del gas ha un costo. E se si vogliono
servizi in più, per esempio una raccolta differenziata spinta, anche questa va
pagata.
Ci vuole un approccio diverso dal
passato, non è più tollerabile che la gente si veda arrivare in testa bollette
rincarate non perché migliorino i servizi ma perché c’è da remunerare una
macchina organizzativa costosa dove il privato remunera il proprio capitale
dentro nicchie di mercato protetto.
Le cose però vanno spiegate con facilità
e in questo senso non aiutano le leggi nazionali e regionali, dove, per esempio
nel campo dei rifiuti, sono talmente cervellotiche che per mettere in piedi un piano
industriale occorre chiamare gli esperti della NASA. Norme assurde che
impongono, per formare la tariffa, algoritmi così complicati da perderci
completamente la testa. E, come insegna la storia, laddove c’è difficolta di comprensione
e in pochi ci capiscono qualcosa, s’insinua il baco della corruzione e del
malcostume, è nella complessità che si nascondono imbrogli, corruttele, menzogne.
La parola d’ordine di una sinistra
moderna deve essere “semplicità”. Recuperare il rapporto con la gente, parlare
dei bisogni, delle cose che non vanno, delle speranze e delle delusioni.
Tornare a viaggiare in seconda classe e non nei treni superveloci.
Di sicuro difronte a quello che sta avvenendo,
al di là delle dichiarazioni di rito, non si può stare zitti.
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