Comunque
andrà a finire, dopo il 4 dicembre, niente sarà più come prima. Non solo per
quanto riguarda gli scenari di governo ma anche dentro gli stessi partiti. Questo
vale in particolare per il PD che, tra tutti, è quello che ha sofferto, in
questa tornata referendaria, le maggiori lacerazioni.
Non
stiano qui a discutere se la colpa sia dei “traditori”, come sono stati bollati
coloro che nel Pd hanno deciso di votare No, oppure di chi ha voluto giocare l’intera
posta in una mano sola, fregandosene di tutto e di tutti.
La
velocità in politica è essenziale, ne siamo convinti, ma non va confusa con la
fretta perché, come dice il vecchio adagio, “la gattina frettolosa fece i
gattini ciechi”.
In
ogni caso il PD, anche per il “dopo”, dovrà caricarsi di una grande
responsabilità, quella di tentare, per quanto possibile, di ri-costruire il
senso di una prospettiva politica che faccia argine ai nuovi e vecchi
populismi.
Per
questo sarebbe un errore pensare di risolvere le diatribe interne a colpi di
accetta. L’arte sottile della mediazione, per quanto faticosa, è l’unica possibile.
Ma non c’è solo questo, c’è da ripartire sul piano delle idee e del programma.
Ma
da dove? Da quelli che sono gli elementi identificativi di una forza progressista.
Il
lavoro prima di tutto, la scuola, la sanità. Chi pensa che queste tre cose
siano slegate e che debbano essere affrontate separandole, come gli spicchi di
una mela, capisce ben poco. E’ vero che il mondo è cambiato ma non sono mutati
i bisogni elementari delle persone.
La
dignità del lavoro, un’istruzione che funzioni, il diritto di essere curati, a prescindere
dalla propria ricchezza, sono forse cose che la globalizzazione ha affossato?
Ecco
allora che il PD ha un ruolo da svolgere, un compito che altri non possono portare
avanti impregnati come sono di xenofobia, populismo a buon mercato, moralismo d’accatto.
Anche
dalle nostre parti, questa esigenza è sempre più forte e si deve fare
qualcosa. Per esempio restituendo un
ruolo al PD. Il compito di una forza politica non è solo fare da stampella alle
amministrazioni o di portare avanti un’opposizione pettegola dove siamo all'opposizione.
Il compito del PD è far fiorire le idee, far lavorare i cervelli, muovere le
passioni non sulla base delle emozioni del momento ma indicando una visione
concreta.
In
Valdichiana sarebbe l’ora di riprendere in mano qualche tema: al primo posto
mettiamo l’idea di sviluppo. Non è accettabile che a dettare i tempi della politica
siano le grandi imprese. Il Pd deve essere in grado di dire cosa vuole per
questa nostra vallata, indipendente dalle parole d’ordine, più o meno belle,
che quotidianamente appaiono sui giornali. Che vuol dire distretto biologico?
Che vuol dire qualità in agricoltura? Quali prospettive ci sono per la PMI, per
l’artigianato, per il commercio? Cultura e turismo possono giocare una partita
importante ma, in concreto, cosa si fa?
La
scuola può essere un argomento che si rispolvera solo per le campagne
elettorali oppure il tema della formazione deve diventare fondamentale per la
crescita non solo personale ma della società?
La
sanità è solo un problema legato ad accorpamenti, aree vaste o deve essere qualcosa
di più? Le esperienze positive, che da noi non mancano, vanno valorizzate, estese
e non lasciate deperire.
Troppe
domande inevase può dire qualcuno. Ma se queste domande rimangono senza
risposta, una ragione deve pur esserci. Sarà il caso su queste cose, di aprire
un grande confronto con i cittadini. La
gente, lo sappiamo, è sfiduciata, disincantata ma lo è perché non vede possibilità,
non vede un orizzonte. Osserva attonita una politica che si attorciglia su se stessa,
che sfrutta gli interstizi del potere per fare affari, che allarga le braccia
di fronte ai problemi quotidiani di una famiglia e di un’impresa.
Già
ri-focalizzare i problemi sarebbe un primo antidoto all’antipolitica. Un’antipolitica
che ha tante mascherare quanto quelle di una commedia, un’antipolitica che avanza
e alla fine rischia di sommergere tutto. La palude in Valdichiana è stata
bonificata tanti anni fa, non vorremmo che, metaforicamente parlando, la palude
tornasse di nuovo a sommergere la politica e con essa la speranze di tante
persone.
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