lunedì 14 novembre 2016

DOPO IL 4 DICEMBRE DELLE ASSEMBLEE PER SPIEGARE PERCHÉ NON SI POSSONO TAGLIARE LE INDENNITA'

Ospite a “Che Tempo che Fa”, Matteo Renzi, parlando delle ragioni del Sì, ha detto: “Se la gente vota NO non troverebbe un solo politico disposto a ridursi lo stipendio”.
L’equazione ha una sua logica, perchè è del tutto evidente che, non cambiando nulla, ognuno si sentirebbe legittimato a mantenere privilegi e franchigie.

E’ però altrettanto certo che il “tutto deve cambiare perché….tutto resti come prima”, come purtroppo sta avvenendo, oltre che gattopardesco suona come una presa in giro. Infatti, è pur vero che tanti suonatori sono stati sostituiti ma lo spartito, quando si parla di indennità, rimborsi e quant'altro rimane sempre quello.
Però le parole del capo del governo inducono a una successiva riflessione. 

Secondo la sua logica nemmeno se lui personalmente chiedesse a gran voce una riduzione a misure più accettabili degli stipendi parlamentari, i suoi uomini sarebbero disposti a seguirlo. In buona sostanza le ragioni del portafoglio contano più di quelle della politica. E’ davvero una brutta, bruttissima ammissione d’impotenza.
Noi ci permettiamo di dare un piccolo suggerimento: una volta passata la bufera del 4 dicembre,  giacché deputati e senatori hanno tutti (quasi) una identità oltre che politica anche  geografica, provengono cioè da varie zone d’Italia, sarebbe opportuno che il PD chiedesse ai propri eletti di organizzare in ogni territorio delle assemblee pubbliche per spiegare,  a quelli che tira avanti con 1300 euro al mese ( ed anche meno), i motivi  per cui sono impossibilitati a tagliarsi lo stipendio.

Oddio, alla fine potrebbe anche venir fuori che hanno ragione loro, ma almeno ci sarebbe un po’ di chiarezza e soprattutto la gente potrebbe guardare negli occhi i propri eletti e decidere, per la prossima volta, cosa fare. Cioè se meritano di tornare in parlamento oppure di rimanere a casa. 

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