In
Italia esiste un milione di figli d’immigrati nati o cresciuti qui che sono italiani
in tutto, tranne che nei documenti. Recentemente è partita una campagna sbocciata
con lo slogan “non siamo numeri, ma persone”.
Quella
della cittadinanza è una battaglia di civiltà che vale per tantissimi ragazzi e
ragazze che sono venuti al mondo qua, parlano la nostra lingua, seguono nella
maggior parte le nostre mode, hanno le stesse aspirazioni degli italiani. Perché
negargli questo diritto?
Certo
devono anche sottostare alle nostre leggi e non pretendere, in nome di vecchie tradizioni,
di esser qualcosa d’altro rispetto alla società che li ha accolti. In questo
senso gli esempi che arrivano dall'estero non sono positivi e dovremo farne
tesoro. Non possiamo permetterci le banlieue francesi, oppure avere quartieri dove
prospera l’estremismo come a Molenbeek. Sia chiaro, qui non stiamo parlando di
immigrati che arrivano con i barconi, ma di bambini e giovani cresciuti nelle
nostre scuole e per le nostre strade.
Però,
anche rispetto agli immigrati o migranti o chiamateli come cavolo vi pare
occorre fare chiarezza, senza demagogia e dicendo pane al pane e vino al vino.
La
verità è che siamo difronte a un’emergenza non controllabile, l’Italia, se
qualcuno sa un po’ di geografia, è una penisola lunga e stretta protesa nel
mare Mediterraneo e per il nostro meridione le coste africane sono più vicine del
Brennero.
In
questo momento la gente scappa dal Medioriente e dal Nord Africa, non dal Polo
Nord o dalla Siberia.
Certo
è facile per Austriaci, Inglesi, Ungheresi, tirare su dei muri, per noi è materialmente
impossibile.
Da
qui in avanti occorre chiedersi quali soluzioni adottare.
Prendere
a cannonate le barche? E’ una possibilità, che però nessuno, nemmeno i governi
di destra, ha avuto il coraggio di applicare. Si potrebbe intervenire sui porti
d’imbarco, ma per quest’operazione occorrerebbe mandare sulle coste della Libia
o della Tunisia i nostri soldati. Abbiamo il coraggio di farlo?
Bisogna
dunque arrendersi? No, bisogna curare di più lo sviluppo di certi paesi,
occorre smetterla di sostenere guerre e guerricciole che servono agli interessi
delle multinazionali, bisogna intervenire radicalmente contro chi delinque e
non rispetta la nostra storia e le nostre tradizioni.
Per
questo pur comprendendone le ragioni degli amministratori locali, non si può,
infatti, scaricare sui comuni il peso dell’emergenza, proviamo una repulsione nei
confronti di chi, di questa vicenda, fa pornografia politica.
Ci sono urlatori
di professione che sui giornali, nelle TV, nei social sbraitano senza
costrutto. Perché vedete se tutti quegli strepiti, quelle apparizioni televisive,
servissero a qualcosa, saremmo i primi ad applaudire, invece non servono a un
cazzo.
Servono
solo a mettersi in mostra come le prostitute di un bordello, per questo parliamo
di pornografia politica.
Poi
è normale che chi più alza la voce, come certi comizianti del passato, riceva
applausi e ovazioni è nella natura umana battere le mani a chi solletica la
pancia.
Ma
domani, al di là dello sfogo cosa rimane?
I problemi si ripresenteranno in modo anche peggiore. Esasperare gli animi
è pericoloso e può portare a degenerazioni che nessuno di noi auspica. Un’ultima
notazione, sbaglia chi taccia certe posizioni di razzismo, questo non è razzismo,
è un calcolo cinico e bieco per conquistare consensi. Perché se quegli africani, asiatici,
pakistani, siriani arrivassero con il Rolex d’oro al polso e la Ferrari gli
stessi, che oggi latrano come cani arrabbiati, si metterebbero proni, pronti a ogni
accoppiamento. Dunque non è razzismo, è una guerra ai poveri e questo ci fa
ancora più schifo perché il giorno dopo non si può andare impunemente a farsi
fotografare con il Papa. Troppo comodo e troppo facile amici miei.
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