Per l'Italia, e aggiungiamo noi per la
Toscana, il turismo è sempre stato fonte di ricchezza. Recentemente sono stati
registrati risultati molto positivi per quanto riguarda la stagione estiva.
Questo incremento di presenze, come dicono esperti del settore, è dovuto in
gran parte a fattori esterni che hanno portato molti italiani a fare le vacanze
dentro i confini nazionali e hanno dirottato nel nostro paese turisti stranieri,
sottraendoli ad altre destinazioni ritenute pericolose.
Per questo appaiono fuori scala gli
strombazzamenti sull'aumento del turismo in sede locale. Incremento dovuto,
secondo alcuni cointeressati cantori, a politiche di promozione territoriale di
cui, in verità, non s’è accorto nessuno.
Discorso ben più serio è come consolidare
questo flusso positivo quando domani le coste del Mediterraneo torneranno a
essere appetibili e gli italiani decideranno di riaffollare le spiagge della
Spagna, della Grecia o della Croazia.
“Carpe diem” dicevano i latini, cogli
l’attimo, ma per fare cosa?
In primo luogo utilizzare al meglio il
nostro patrimonio che, a confronto di altre nazioni, è immenso, bellissimo e
pieno di fascino. Le stime nazionali ci dicono che una valorizzazione piena delle
ricchezze storiche, artistiche, ambientali significherebbe incrementare il Pil
di circa 30 miliardi e l'occupazione di 500 mila nuovi posti di lavoro. Fatte le debite
proporzioni, anche la ricaduta in sede locale sarebbe notevole da tutti i punti
di vista.
Invece dalle nostre parti si ciancica soltanto
di arrivi (fattore importante ma non decisivo) e non su quanto i turisti spendano
nel territorio e quale sia il loro grado di soddisfazione. Siamo nella completa
assenza di una “politica industriale” legata a questo settore. Arrivando a dire
che consentire l’accesso gratuito ai musei (per tutti) è una scelta di
promozione, senza spiegare quanto la gratuità smuova d’indotto nell'economia locale.
Soltanto un ritorno di questo tipo giustificherebbe per l’Ente Pubblico il
pagamento degli addetti, le spese fisse, il costo dei servizi senza incassare
un euro.
Anche perché la crescita è destinata a
essere un fuoco di paglia se nel frattempo non vi è un rafforzamento dell’analisi
sui fabbisogni e sul modo di soddisfarli. Ma da noi si preferisce la vecchia
arte di arrangiarsi per cui si danno i musei in mano a un soggetto debolissimo
dal punto di vista delle competenze con il solo obiettivo di tenere aperta la
porta. Salvo che non vi sia un’idea
diversa per la prospettiva che a oggi non è dato conoscere. Un’idea che però non può prescindere da
politiche di area che sembrano latitare.
Anche nel nostro piccolo, ci riferiamo
a Castiglioni, alcune cose potrebbero essere fatte per non perdere il prossimo
treno: ad esempio c’è un’idea di come sviluppare in la rete dei musei? C’è un programma
di come tenere insieme quell’unicum architettonico e culturale che è dato dall’area
fortificata medioevale (torre, mura del cassero) con l’area archeologica? C’è un disegno di come collegare turismo e
tecnologia? C’è un progetto di valorizzazione di alcune fortunate specificità, come
ad esempio la presenza di opere uniche che vanno dalla Croce santa, al Grande
crocefisso dipinto per finire alle opere di Bartolomeo della Gatta?
“Secondo Google, ogni viaggiatore
visita mediamente 22 siti web prima di prenotare una vacanza e la percentuale
di coloro che utilizzano le tecnologie mobili per registrarsi in aereo o in
hotel sta avvicinandosi al 70%. Gli stessi cambiamenti che stanno modificando
altri settori dell'economia e della società hanno iniziato a influenzare
profondamente i comportamenti dei turisti e richiedono un'evoluzione delle strutture
e delle capacità dell'offerta”. Sono questi i mutamenti che dobbiamo cogliere,
superando una visione miope, per cui quest’anno è andata bene e l’anno prossimo
si vedrà.
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