Il presidente degli USA indica come risposta ai populismi una
politica economica che «riduca le diseguaglianze, aumenti i salari, investa
nell'istruzione».
Ecco una buona base di partenza per una seria, e sottolineamo
seria, piattaforma politica del centrosinistra.
Purtroppo in questa direzione vediamo solo segnali di fumo. La riduzione delle
disuguaglianze presuppone infatti una redistribuzione del reddito (che non è
solo legato alle retribuzioni ma anche a servizi efficienti, a un fisco giusto
e a quant'altro serve per smussare le ripide scale dell’economia di mercato). Redistribuzione
che oggi appare una chimera.
Il punto vero però , tornando alle strategie degli Stati
Uniti, è che in quel paese si sono fatte delle scelte precise.
Con una forte manovra
di investimenti pubblici hanno stimolato l’economia, salvato interi comparti
industriali, stabilizzato le banche, creato nuove infrastrutture, sostenuto le
piccole imprese, aiutato le famiglie. I risultati confermano la bontà di queste
decisioni. “Le imprese americane hanno creato oltre 15 milioni di nuovi posti
di lavoro. Il tasso di disoccupazione è stato dimezzato. I lavoratori hanno
visto aumentare le retribuzioni e i tassi di povertà sono diminuiti”.
Insomma sembra che, per certi aspetti, gli USA siano più “socialisti”
della vecchia Europa, prigioniera dei rigidi paletti imposti da una pletora di
tecnocrati senz'anima.
Fa bene Renzi a porre il problema del superamento di una inflessibilità
assurda che penalizza tutti e non consente all'economia di svilupparsi. Ma noi crediamo
che la macroeconomia da sola non basti, occorre uno sforzo eccezionale da parte
di ogni singola articolazione dello stato. A cominciare dalle Regioni che, a
nostro modesto avviso, potrebbero fare molto di più in termini di redistribuzione
del reddito, pensiamo per esempio al miglioramento delle prestazioni sanitarie ed
allo stimolo per le imprese, in particolare quelle giovanili.
Ma anche i comuni non possono chiamarsi fuori . Sappiamo
tutti che gli Enti Locali versano in uno stato di grande difficoltà, ma il
problema non sta sole nelle assurde limitazioni dei patti di stabilità.
Il problema di moti comuni è che peccano di eccessivo attendismo.
Stare sull’albero a cantare è troppo semplice. Il compito di un’amministrazione
è quello di indicare delle prospettive, costruire progetti. E’ quello di
prefigurare un futuro per la propria comunità. Occorre investire di più in
idee, selezionare le è priorità muoversi in una logica strategica che non si
limiti ai confini amministrativi. Oggi non è così. Ci si riduce a gestire l’esistente,
inventandosi ogni tanto qualche colpo di testa per fornire materiale ai
giornali. In questa Valdichiana per esempio ci sarebbero le condizioni per
creare un domani diverso per i giovani e per le imprese. Un programma ambizioso
che dovrebbe coinvolgere ogni singola amministrazione, coniugando tradizione e
innovazione, mettendo insieme il patrimonio artistico e storico dentro una
seria politica di marketing, aumentando il livello di attrattiva del
territorio. Si fa qualcosa? Ben poco, le idee languono e con loro le nostre
comunità. Allora non ci si può lamentare se anche da noi cresce l’insofferenza,
la frustrazione e la rabbia. No, non possiamo lamentarci se alla fine rischia
di vincere chi soffia sul fuoco della intolleranza.
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