Premesso
che un paese che non favorisce le imprese è un paese destinato a morire;
premesso che le imprese di solito portano novità, inventiva, fantasia; premesso
che il mondo dell’impresa può offrire uno sbocco occupazionale; premesso che è
necessario non farsi ingannare dai numeri, con tutto il rispetto aprire cento
bar e un milione di tavole calde non cambia la qualità dell’economia. Premesso
tutto questo, l’Italia è sclerotizzata.
Quello
che cambia il senso di marcia in un paese sono le imprese innovative, quelle
che cavalcano l’onda del cambiamento e sono in grado di creare, per
germinazione, posti di lavoro e idee sempre fresche.
Le
ragioni per cui fare impresa in Italia è una “fatica titanica” sono molteplici.
Proviamo a elencarne tre: la burocrazia. Di là della tanto decantata
semplificazione ancor oggi per avviare un’attività ci vuole l’esperto, riempire
un milione di moduli e sperare che tutto sia a posto. Il paese ideale è quello
dove per aprire un’impresa basta un modulo, magari on line, senza ingrassare
consulenti del lavoro, commercialisti e associazioni
di categoria.
Secondo
la tassazione. L’Italia è un paese
buffo, dove s’inizia a pagare le tasse prima ancora di cominciare a lavorare, dove
si fanno i versamenti prima ancora che l’azienda produca un reddito. In nazioni
con un quoziente di intelligenza maggiore le imprese vengono messe alla prova:
per tre anni il fisco non gli rompe le scatole e poi dal terzo anno, se le cose
funzionano, si comincia a pagare.
Terzo
l’accesso al credito. Qui siamo nel girone infernale per eccellenza. Le
pubblicità delle banche possono raccontare quello che gli pare ma ottenere un
credito senza garanzie è come volare con le ali di Icaro, si batte il grugno
per terra. Da noi non si premiano le idee innovative ma si prediligono le
garanzie reali, roba solida. Insomma se non hai il babbo con il conto in banca
e la casa di proprietà o il nonno con una buona pensione sei fottuto.
Riguardo
a quest’ultimo punto però c’è una buona notizia.
Si
tratta del nuovo Fondo di garanzia per le PMI, che verrà incluso nella legge di
bilancio come parte del piano Industria 4.0., un fondo destinato a favorire il
più possibile le start-up innovative e le piccole imprese tecnologiche che
altrimenti non avrebbero accesso al credito.
Questo
per quanto riguarda il governo nazionale e in sede locale che si fa? S’intende
continuare ad assistere impotenti allo stillicidio di un’economia che non
decolla, con un tasso di disoccupazione giovanile elevato? Si vuol continuare
per chissà quanto a piangere sul latte versato e sulle occasioni mancate?
Eppure
anche qui da noi c’è parecchia gente col cervello che, se messa nelle condizione
giusta, è in grado di fare qualcosa di buono. Peccato che spesso non trovino l’occasione
e spendano altrove i propri talenti. La proposta che facciamo, sulla scia del
fondo di garanzia del governo, può apparire utopistica ma la facciamo lo stesso.
Si faccia una ricognizione di tutto il patrimonio pubblico degli enti locali e
con questo si costruisca un fondo garantito destinato a finanziare le imprese
innovative locali con l’obiettivo di creare sviluppo e lavoro. Certo non aiuta
in questo senso la frammentazione politica, ma può esser questa una scusa per
non fare niente? Noi crediamo che tutti, centrosinistri, centrodestri, civici,
bianchi, rossi e turchini abbiano l’interesse a promuovere le imprese del
territorio. Una cosa è sicura, se le
amministrazioni non si mettono insieme per inventarsi qualcosa la barca rischia
di affondare, e tutti noi con lei.
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