L’8 settembre
non è una gran data. Infatti, non la celebra nessuno.
L’8 settembre 1943,
è il giorno dell'armistizio di Cassibile firmato dal governo Badoglio con gli Angloamericani.
Dall’oggi al
domani gli alleati di ieri erano diventati nemici, e agli avversari si
ritrovarono improvvisante amici.
Un pasticciaccio
che lasciò buona parte dell’Italia in balia delle forze tedesche, l’esercito
nazionale allo sbando, e cancellò d’un tratto la memoria di un’intera nazione.
Non a caso, da
allora, si parla di “memoria divisa”. Perché ognuno, dal suo punto di vista,
che si guardi dalla parte dei cobelligeranti, oppure da chi scelse Salò, cioè
la repubblica del nord rimasta alleata dei tedeschi, ha ragioni da accampare.
Le stesse ragioni,
mai risolte, che consentono oggi, anche dalle nostre parti, nella più completa
indifferenza dell’opinione pubblica e dei partiti che si definiscono di sinistra
o di centrosinistra, una sorta di revival di circoli e gruppi della destra
estrema.
Qualcuno pensa
di esorcizzare il tutto riducendo la cosa a un rito alcolico collettivo: “Li
dentro si trovano birra e liquori a basso costo e per questo i ragazzi ci
vanno”. E’ una cazzata!
Non ci piace aborrire
quelli che non la pensano come noi dandogli dei pazzi, degli ubriachi, dei
delinquenti o dei ladri o peggio ancora esorcizzarli come fossero indemoniati.
Anzi, cerchiamo
sempre di capire cosa ci sta dietro un fenomeno e, in verità, preferiamo mille
volte scoprire che alla base ci sono degli ideali, per quanto non
condivisibili, piuttosto che un mondo purulento di affari più o meno leciti
La crescita dei
circoli della destra estrema, e il recente raduno di Chianciano è una cartina
di tornasole, ha una sua ragione precisa. Le cose non nascono mai per caso. Nel
bene o nel male questi gruppi hanno qualcosa da offrire sul piano dell’identità,
dell’appartenenza, della rappresentanza, delle istanze sociali.
Per citare Ezra
Pound: “Quello che conta non è tanto l'idea, ma la capacità di crederci.”
E questi ragazzi dimostrano in qualche modo di
crederci. Si mobilitano per il terremoto, per i problemi della casa, per il
degrado urbano.
Il problema è cosa si offre dall’altra parte. Quali
idee, quali progetti, quali prospettive?
Quella che vediamo, complice una malintesa
interpretazione del termine “rottamazione”, è una costante, metodica ricerca di
una poltrona, al limite di uno strapuntino. E quelli che fanno ancora politica,
mostrando di crederci sulla scorta di una condotta ideale e morale (ci sono ma
non appaiono), vengono guardati con sospetto,
quasi che fossero più capaci di altri a simulare le proprie ambizioni. Il
marcio comincia dalla testa ma ormai è arrivato ben sotto la coda.
E allora è normale che si cerchi rifugio nella
semplicità delle parole d’ordine, nei motti che parlano di nazione, identità,
popolo. La storia, con tutte le sue
contraddizioni, che non sono scomparse dopo oltre settanta anni, riemerge oggi come un fiume carsico.
In parecchi preferiscono ignorare la crescita di
circoli e gruppi di estrema destra perché questo significherebbe fare i conti
con la propria coscienza, perché rappresentano uno specchio dove si riflettono
contraddizioni e incapacità. Uno specchio che rimanda l’immagine del fallimento,
di chi pensa che si possano cambiare le cose normalizzandole, burocratizzandole,
rendendole neutre come il sapone per i lattanti e, così facendo, annulla quella
spinta ideale, qualcuno potrebbe chiamarla rivoluzionaria, che non può mai
mancare in politica e nella vita.
Nessun commento:
Posta un commento