venerdì 9 settembre 2016

VALDICHIANA:L'ESTREMA DESTRA E LE CONTRADDIZIONI DI CHI NON VUOL VEDERE

L’8 settembre non è una gran data. Infatti, non la celebra nessuno.
L’8 settembre 1943, è il giorno dell'armistizio di Cassibile firmato dal governo Badoglio con gli Angloamericani.
Dall’oggi al domani gli alleati di ieri erano diventati nemici, e agli avversari si ritrovarono improvvisante amici.
Un pasticciaccio che lasciò buona parte dell’Italia in balia delle forze tedesche, l’esercito nazionale allo sbando, e cancellò d’un tratto la memoria di un’intera nazione.
Non a caso, da allora, si parla di “memoria divisa”. Perché ognuno, dal suo punto di vista, che si guardi dalla parte dei cobelligeranti, oppure da chi scelse Salò, cioè la repubblica del nord rimasta alleata dei tedeschi, ha ragioni da accampare.

Le stesse ragioni, mai risolte, che consentono oggi, anche dalle nostre parti, nella più completa indifferenza dell’opinione pubblica e dei partiti che si definiscono di sinistra o di centrosinistra, una sorta di revival di circoli e gruppi della destra estrema.

Qualcuno pensa di esorcizzare il tutto riducendo la cosa a un rito alcolico collettivo: “Li dentro si trovano birra e liquori a basso costo e per questo i ragazzi ci vanno”. E’ una cazzata!
Non ci piace aborrire quelli che non la pensano come noi dandogli dei pazzi, degli ubriachi, dei delinquenti o dei ladri o peggio ancora esorcizzarli come fossero indemoniati.
Anzi, cerchiamo sempre di capire cosa ci sta dietro un fenomeno e, in verità, preferiamo mille volte scoprire che alla base ci sono degli ideali, per quanto non condivisibili, piuttosto che un mondo purulento di affari più o meno leciti
La crescita dei circoli della destra estrema, e il recente raduno di Chianciano è una cartina di tornasole, ha una sua ragione precisa. Le cose non nascono mai per caso. Nel bene o nel male questi gruppi hanno qualcosa da offrire sul piano dell’identità, dell’appartenenza, della rappresentanza, delle istanze sociali.
Per citare Ezra Pound: Quello che conta non è tanto l'idea, ma la capacità di crederci.” 
E questi ragazzi dimostrano in qualche modo di crederci. Si mobilitano per il terremoto, per i problemi della casa, per il degrado urbano. 
Il problema è cosa si offre dall’altra parte. Quali idee, quali progetti, quali prospettive?
Quella che vediamo, complice una malintesa interpretazione del termine “rottamazione”, è una costante, metodica ricerca di una poltrona, al limite di uno strapuntino. E quelli che fanno ancora politica, mostrando di crederci sulla scorta di una condotta ideale e morale (ci sono ma non appaiono),  vengono guardati con sospetto, quasi che fossero più capaci di altri a simulare le proprie ambizioni. Il marcio comincia dalla testa ma ormai è arrivato ben sotto la coda.
E allora è normale che si cerchi rifugio nella semplicità delle parole d’ordine, nei motti che parlano di nazione, identità, popolo.  La storia, con tutte le sue contraddizioni, che non sono scomparse dopo oltre settanta anni,  riemerge oggi come un fiume carsico.
In parecchi preferiscono ignorare la crescita di circoli e gruppi di estrema destra perché questo significherebbe fare i conti con la propria coscienza, perché rappresentano uno specchio dove si riflettono contraddizioni e incapacità. Uno specchio che rimanda l’immagine del fallimento, di chi pensa che si possano cambiare le cose normalizzandole, burocratizzandole, rendendole neutre come il sapone per i lattanti e, così facendo, annulla quella spinta ideale, qualcuno potrebbe chiamarla rivoluzionaria, che non può mai mancare in politica e nella vita.



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