mercoledì 21 settembre 2016

CORRENTI NEL PD E PROPORZIONALE

“Siamo totalmente disponibili a cambiare l’Italicum” queste pare siano state pronunciate da #Renzi dall'altra sponda dell’Atlantico.  Se fossero vere, darebbero da pensare. Intanto ne escono smentiti tutti gli epigoni che, fino ad oggi,  definivano la #legge elettorale come la più bella del mondo, la più funzionale, quella in grado di garantire un futuro roseo al popolo italiano.
Noi, che abbiamo fatto le elementari in tempi in cui non esisteva il computer e vestivamo con un grembiule nero e il fiocco azzurro, continuiamo a pensare che alla base del benessere di una nazione ci sia un’economia che funziona, in grado di offrire #lavoro e ridistribuire equamente il reddito. 

La legge elettorale, così come le riforme costituzionali non sono da sole garanzia di benessere. La stabilità dei governi è una possibile condizione di crescita ma non necessariamente la condizione essenziale. Se così fosse un regime come quello #sovietico (stabilissimo nella sua nomenclatura) avrebbe dovuto durare in eterno e invece è crollato. 
Però se Renzi è disponibile a ragionare su una modifica della legge elettorale, è una buona cosa perché il combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale rischia di generare un animale mostruoso, con la testa grossa e il corpo piccolo. Ma riformare  per andare dove?
Dentro il PD, azionista di maggioranza del governo, si rincorrono parecchie idee: dal modello greco al doppio turno di collegio. Pare (il dubitativo è d’obbligo) che da parte dei 5 stelle sia arrivata la proposta di un ritorno al proporzionale puro con preferenza. Anche questa è bella, fino all’altro giorno difendevano l’Italicum oggi si riconvertono nel suo opposto.  Però, tra tutte le ipotesi sul tavolo, quest’ultima è quella che ci convince di più. Il motivo è semplice il proporzionale è quanto di più vicino ci sia alla democrazia diretta. Una testa un voto. Non ci sono teste che valgono  di più e teste che valgono di  meno. E la preferenza (quella cosa per cui io, elettore, indico chi dovrebbe rappresentarmi) costringerebbe i candidati a rapportarsi con il territorio (e i suoi problemi) e non solo con le segreterie nazionali. Sarebbe un passo indietro?
Un saggio passo indietro, perché la democrazia è fatta di opinioni e idee diverse (e quindi anche di partiti diversi) e tutti hanno il diritto di correre e di esser rappresentati. La democrazia è un grosso stomaco di vacca che ha i suoi tempi per digerire e ruminare leggi e decisioni.  La democrazia non può essere compressa a tal punto da costringere uomini e donne che sarebbero buoni vicini di casa a una forzata convivenza.
Da qualche tempo è invalsa l’idea che velocizzare le decisioni sia sinonimo di efficienza, dipende da quali decisioni si prendono. La fretta non è mai stata una buona consigliera. Meglio un mese in più per ragionare che varare un provvedimento che si rivela una stupidaggine. 

A qualcuno, invasato dalla rete, da internet, dalle transazioni finanziare globali queste parole possono sembrare una aberrazione. Giacché ci siamo ne sosteniamo un’altra: e cioè che il PD ha bisogno, se vuole una bella boccata d’ossigeno, delle correnti organizzate. Questa cosa fa schifo a molti e invece sarebbe un toccasana, perché chiarirebbe quali sono davvero le idee in campo, le culture politiche, le storie e le prospettive della più grande forza del centrosinistra. Parliamoci onestamente le correnti fanno venire l’orticaria a chi vuol stare con il piede in tutte le staffe, a chi predica la trasversalità generazionale (leggi rottamazione) con i risultati che abbiamo visto.  Con le correnti si selezionerebbero invece i migliori perché ognuno dovrebbe mettere in campo una squadra vincente. Si eviterebbero così tanti sottoprodotti politici che, fino a qualche anno fa, avrebbero frequentato con profitto (scarso) le sezioni comunali e non le aule del parlamento.  

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