E’ di ieri la brutta,
bruttissima notizia che un signore romano è stato preso a calci e pugni e quasi
ammazzato da due giovanotti di 24 e 26 anni (italiani, a scanso di equivoci) perché
aveva chiesto loro di spegnere le sigarette in uno spazio vietato al fumo della
metropolitana.
Purtroppo, queste scene
di ordinaria follia, sono sempre più frequenti. I motivi spesso sono futili:
liti per un parcheggio, per uno sguardo di traverso, per un pestone al piede. Stupidaggini,
stronzate che rischiano di trasformarsi in tragedia.
Una pazzia collettiva
che fa il paio con i gesti di vandalismo, maleducazione, teppismo, sconcezze
varie che insozzano le nostre strade.
Un decadimento civico
che fa paura perché sembra inarrestabile, complice il menefreghismo della
gente, la tolleranza delle istituzioni e leggi assolutamente inadeguate: quanto
tempo resteranno in galera quei due delinquenti che hanno massacrato di botte
quel signore?
Non stiamo esagerando.
Basta frequentare qualunque luogo pubblico, in particolare le stazioni, per
accorgersi di quello che accade intorno a noi.
Le stazioni, in questo
senso, sono uno spaccato micidiale della realtà. Sono dei “non luoghi”, dei
porti franchi dove la parte peggiore viene in superficie, come gli escrementi
dal liquame di una cloaca.
Le stazioni ferroviarie
diventano ricettacolo di sbandati senza dimora, stranieri in fuga, disperati e
bande di ragazzini (maschi e femmine) che mostrano una irresponsabilità che
spesso si trasforma in cattiveria.
Lo specchio sul quale
siamo abituati a rifletterci si deforma, anche i luoghi comuni vengono meno.
Perché questi ragazzi non sono facce nere arrivate coi barconi, sono italiani,
figli e nipoti di famiglie perbene che però stanno subendo, nell'indifferenza generale, una
lenta mutazione genetica.
Solo colpa dell’età?
Può essere che sia così. Ma quei due che hanno riempito di cazzotti il malcapitato
romano non erano adolescenti, erano due persone che in altri tempi avrebbero
già fatto il militare e trovato un lavoro. Ecco quello che forse manca: il
senso della disciplina e una prospettiva per il futuro. Quando vengono meno
queste due cose, vien fuori una miscela altamente infiammabile.
Ma il ventre molle di
questo paese sembra non accorgersene. E’ più facile puntare l’attenzione sugli
immigrati e, in effetti, vedere lungo le nostre strade ragazzi di colore che camminano
in fila indiana con carichi di roba sulla testa, all'usanza africana, da l’idea
che il Ghana o il Burkina Faso (per citare due paesi a casaccio) abbiano invaso
il nostro paese.
Sappiamo che ancora non
è così, ma certo se dovesse continuare un’immigrazione incontrollata, le cose
andranno sempre peggio. E pensare, come dice qualcuno del governo, di spalmare questa
massa d’immigrati nei piccoli centri è demenziale, assurdo e pericoloso.
Checché ne dica il
sindaco Sala sono le grandi città che, per loro caratteristica, sono in grado
di fagocitare e digerire quote d’immigrati, non le campagne o i paesi.
Ma nonostante l’aumento
di neri e medio-orientali il problema vero rimane il degrado osceno che coinvolge
un po’ tutti, metropoli e borghi.
Uno schifo che continuiamo
a sopportare perché abbiamo paura di chiamare le cose col loro nome. E cioè
assenza di autorità. Ma che autorità può mai esserci in un paese dove i
genitori se la prendono con i professori se il ragazzo è un bullo, oppure dove
si guarda sempre agli errori degli altri e mai ai propri. Con la logica per cui
se lui ruba sono autorizzato a rubare anch'io, se lui parcheggia in doppia fila
lo faccio anch'io, se quello urla, urlo anch'io. Non funziona così, non può funzionare.
L’educazione civica,
come si chiamava un tempo, non è connaturata all'uomo, va insegnata, qualche
volta anche con il pugno di ferro.
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