martedì 20 settembre 2016

IL DEGRADO CHE CI UCCIDERÀ

E’ di ieri la brutta, bruttissima notizia che un signore romano è stato preso a calci e pugni e quasi ammazzato da due giovanotti di 24 e 26 anni (italiani, a scanso di equivoci) perché aveva chiesto loro di spegnere le sigarette in uno spazio vietato al fumo della metropolitana.
Purtroppo, queste scene di ordinaria follia, sono sempre più frequenti. I motivi spesso sono futili: liti per un parcheggio, per uno sguardo di traverso, per un pestone al piede. Stupidaggini, stronzate che rischiano di trasformarsi in tragedia.
Una pazzia collettiva che fa il paio con i gesti di vandalismo, maleducazione, teppismo, sconcezze varie che insozzano le nostre strade.
Un decadimento civico che fa paura perché sembra inarrestabile, complice il menefreghismo della gente, la tolleranza delle istituzioni e leggi assolutamente inadeguate: quanto tempo resteranno in galera quei due delinquenti che hanno massacrato di botte quel signore?
Non stiamo esagerando. Basta frequentare qualunque luogo pubblico, in particolare le stazioni, per accorgersi di quello che accade intorno a noi.
Le stazioni, in questo senso, sono uno spaccato micidiale della realtà. Sono dei “non luoghi”, dei porti franchi dove la parte peggiore viene in superficie, come gli escrementi dal liquame di una cloaca.
Le stazioni ferroviarie diventano ricettacolo di sbandati senza dimora, stranieri in fuga, disperati e bande di ragazzini (maschi e femmine) che mostrano una irresponsabilità che spesso si trasforma in cattiveria.
Lo specchio sul quale siamo abituati a rifletterci si deforma, anche i luoghi comuni vengono meno. Perché questi ragazzi non sono facce nere arrivate coi barconi, sono italiani, figli e nipoti di famiglie perbene che però  stanno subendo, nell'indifferenza generale, una lenta mutazione genetica.

Solo colpa dell’età? Può essere che sia così. Ma quei due che hanno riempito di cazzotti il malcapitato romano non erano adolescenti, erano due persone che in altri tempi avrebbero già fatto il militare e trovato un lavoro. Ecco quello che forse manca: il senso della disciplina e una prospettiva per il futuro. Quando vengono meno queste due cose, vien fuori una miscela altamente infiammabile.

Ma il ventre molle di questo paese sembra non accorgersene. E’ più facile puntare l’attenzione sugli immigrati e, in effetti, vedere lungo le nostre strade ragazzi di colore che camminano in fila indiana con carichi di roba sulla testa, all'usanza africana, da l’idea che il Ghana o il Burkina Faso (per citare due paesi a casaccio) abbiano invaso il nostro paese.
Sappiamo che ancora non è così, ma certo se dovesse continuare un’immigrazione incontrollata, le cose andranno sempre peggio. E pensare, come dice qualcuno del governo, di spalmare questa massa d’immigrati nei piccoli centri è demenziale, assurdo e pericoloso.
Checché ne dica il sindaco Sala sono le grandi città che, per loro caratteristica, sono in grado di fagocitare e digerire quote d’immigrati, non le campagne o i paesi.
Ma nonostante l’aumento di neri e medio-orientali il problema vero rimane il degrado osceno che coinvolge un po’ tutti, metropoli e borghi.
Uno schifo che continuiamo a sopportare perché abbiamo paura di chiamare le cose col loro nome. E cioè assenza di autorità. Ma che autorità può mai esserci in un paese dove i genitori se la prendono con i professori se il ragazzo è un bullo, oppure dove si guarda sempre agli errori degli altri e mai ai propri. Con la logica per cui se lui ruba sono autorizzato a rubare anch'io, se lui parcheggia in doppia fila lo faccio anch'io, se quello urla, urlo anch'io. Non funziona così, non può funzionare.
L’educazione civica, come si chiamava un tempo, non è connaturata all'uomo, va insegnata, qualche volta anche con il pugno di ferro.





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