lunedì 8 agosto 2016

LA LEZIONE DI MARCINELLE

L’otto di agosto di sessant'anni fa è una data che non va dimenticata.  In quel giorno un incendio nella miniera di carbone di Marcinelle in Belgio provocò la morte di 262 minatori, di cui 136 italiani.

Tutto nasce e lo diciamo senza polemiche, perché quelli erano tempi veramente duri, dall'accordo del 23 giugno del 1946 denominato “accordo minatori-carbone”. Cioè l’impegno a favorire l’emigrazione nelle miniere del Belgio di 50.000 lavoratori italiani in cambio di carbone e il carbone era importante per far ripartire la nostra economia, distrutta da cinque anni di guerra.
Uomini in cambio di materie prime, detto oggi sembra una bestemmia allora non era così e forse non poteva essere diversamente. L’emigrazione appariva allora una via necessaria e i nostri migranti dovettero sopportare umiliazioni, durezze, una vita terribile.

 “Quando la vita valeva meno del carbone” è scritto nel titolo di un libro ed è vero, allora un uomo valeva meno di un quintale di carbone.
Perché riflettere su quei fatti?  
Non per indurci a un moto di pietà nei confronti delle ondate migratorie che investono il nostro paese e l’Europa, la pietà conta poco, con la pietà non si risolvono i problemi. Specialmente in un momento in cui le ondate migratorie s’innestano in una perdurante crisi economica e alla crisi si aggiunge il terrorismo, la paura. Paura accentuata dal fatto che vediamo affiorare (questo dovrebbe farci veramente preoccupare) tra i migranti di prima, seconda e terza generazione, un rifiuto dei valori che hanno reso libera e prospera questa parte del mondo.
Marcinelle ci insegna un’altra cosa, che assimilare l’emigrazione degli italiani nel dopoguerra (e anche prima) all'attuale ondata che arriva dall'Africa e dal Medio Oriente è sbagliato. Allora l’emigrazione avveniva con accordi tra stati, con quote, in un quadro se non di certezze quantomeno di regole. In più i nostri migranti andavano a lavorare in paesi dove i valori, per quanto modificati dalle singole culture erano simili: dal Sud America agli  Stati Uniti, dalla Francia alla Germania, il modello era quello occidentale, con tutti i suoi limiti ma anche con tutti i suoi pregi.
Oggi non è così, il dramma attuale è che chi adesso arriva sulle nostre coste non ha un quadro concettuale e visioni simili alle nostre. E se il dovere dell’ospitalità, per chi è in difficoltà, è sacro, lo stesso non può valere per coloro che intendono rimanere per sempre da noi. Un solo esempio: L’impero romano è stato un grande modello di assimilazione tra i popoli, nessuno lo dice ma ci sono stati anche imperatori neri, ma tutti condividevano la “Romanitas”.  Una forza politica che ha l’ambizione di governare il cambiamento come il PD ha il dovere di dare una risposta. Lasciamo ad altri le polemiche su quattro migranti che vogliono violare il confine di Ventimiglia. Le cose sono un po’ più complesse, non possiamo, “guardare la paglia e non vedere la trave”.  


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