venerdì 5 agosto 2016

IL PD E LE CORRENTI. NOI SIAMO PER LE CORRENTI AD AREZZO E A ROMA.

Da qualche parte il presidente del Pd Orfini ha dichiarato che bisogna sciogliere le correnti dentro il partito, offrendo la disponibilità, fin da subito,  a sciogliere la sua.
Compito facile da una parte, improbo dall'altra.
La corrente di appartenenza di Orfini, quella detta dei Giovani Turchi, ci mette poco a scomparire dai territori, visto che per trovare qualche “turco”  in periferia bisogna andare a “Chi l’ha visto”. Più complicato chiedere di rinunciare al paracadute a gente che proprio grazie ai “Giovani Turchi” si è trovata catapultata in ministeri, incarichi nazionali, assessorati.

Però il principio sembrerebbe buono a chi, da fuori, assiste alla lenta decomposizione del PD. Invece no! Il principio è sbagliato ed il rimedio è peggiore della malattia.
Noi siamo convinti che il male non stia nelle correnti, man nel fatto che non ci siano e che le divisioni nascano dal tronco di un falso unanimismo dove si innestano potentati di varia natura: politica, economica, aziendale, istituzionale.

Facciamola finita con la retorica del tutti uniti appassionatamente. La verità è che il Pd rischia di implodere perché manca da troppo tempo, verrebbe da dire da sempre,  un serio dibattito sui valori, sulle prospettive, sull'economia. Il fatto che vi siano difficoltà non deriva dalle troppe correnti ma semmai nel contrario, e cioè  che ve ne sono troppo poche.
Perché le correnti sono utili?
Primo perché riflettono la pluralità di pensiero e alimentano il dibattito interno, secondo perché sono garanzia di partecipazione, terzo perchè non consentono il consolidarsi dell’ assolutismo, quarto  perchè negli incarichi tendono a promuovere i migliori, nella massa la qualità si perde, in gruppi ristretti tende ad emergere, quinto perché finalmente sappiamo di che panni si veste l’interlocutore che abbiamo davanti.
Une esempio banale. Se qualcuno ha avuto la pazienza di seguire il dibattito del PD aretino,  al di là della caricatura che ne hanno data alcuni giornali: da una parte i buoni dall'altra quelli brutti sporchi e cattivi, crediamo che ci abbia ricavato ben poco. Alla fine i documenti approvati si somigliano, l’unanimismo di cartone trionfa e tutto è rinviato al congresso prossimo venturo. Non bisogna essere profeti per prevedere che dopo il referendum vedremo i fuochi di artificio, sia che vinca il Si sia che vinca il No.  
Se invece  ci fossero state correnti strutturate avremmo saputo da subito con precisione come stavano le cose, i pesi dei numeri, la forza di ognuno e in  quale direzione tirava il vento.
Noi tifiamo per le  correnti, quelle toste, che furono della DC e del PSI, quelle che organizzano convegni, che studiano, che si spartiscono (brutta parola vero?) incarichi e ruoli sulla base dei numeri. Quelle correnti che consentono di rivendicare con orgoglio l’appartenenza a  una idea, a una storia, al limite a una illusione.
Siamo antichi? No, siamo più moderni di quanti, in nome della modernità, blindano  il  sistema con metodi che richiamano Luigi XIV.
Il passato di per se non è per forza un male. Il fatto che la ruota sia stata inventata migliaia di anni fa non significa che bisogna fare le gomme quadrate per essere innovatori.
Impariamo dai vecchi arnesi della politica che marciavano divisi e colpivano uniti. Qui invece avviene il contrario, si fa finta di essere uniti e poi al momento della prova  ci si divide, regalando comuni e città a gente che, per propria virtù, non avrebbe mai vinto.






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