martedì 12 aprile 2016

PD: LA POLVERE SOTTO IL TAPPETO.

Non è un nostro vezzo entrare nelle questioni interne al PD, ma quello che è accaduto a Montevarchi, nonostante i comprensibili ettolitri d’acqua lanciati per tentare di spegnere il fuoco, è un fatto che va al di là dei recinti di un Partito politico e dovrebbe diventare materia di analisi per tutti coloro che hanno a cuore le sorti del centrosinistra.

Brutta parola l’analisi politica perchè implica studio, approfondimento, un minimo di fatica intellettuale e per parecchi è più facile buttarla in battuta.
Regole o non regole, primarie o non primarie, si pone una questione seria rispetto a quella che Gramsci chiamava “egemonia culturale”.  
Assistiamo, infatti, al paradosso di un partito (il PD) che ancora raccoglie la maggioranza del voto dei cittadini ma non riesce a tradurre questa forza in classe dirigente. Invece di leadership consolidate, intorno cui costruire un progetto politico ed amministrativo, assistiamo al quasi quotidiano dilaniarsi di gruppi e gruppuscoli, allo strazio di fazioni e  correnti che nascono non su visioni politiche ma su personalismi esasperati secondo lo schema classico del  feudalesimo.
Solo un cieco non si accorgerebbe che questo sta diventando un problema, la caduta verticale della politica, ridotta ormai a terreno di scorribanda, è l’humus ideale per far prosperare i demagoghi, i populisti, gli imbonitori di piazza.
Le prossime amministrative in questo senso saranno una cartina di tornasole importante sia per il quadro nazionale che per quello locale. L’andazzo non è bello: i sondaggi dicono chiaramente che il PD è in difficoltà.  Ma davvero qualcuno pensa che non succederebbe nulla se il PD perdesse in una botta sola a Milano, Napoli e Roma? Ma davvero c’è ancora qualche anima candida, sotto il cielo di Arezzo, che pensa che non succederebbe nulla se per un malaugurato caso il PD perdesse ad Anghiari, Montevarchi e Sansepolcro?
Sul perché siamo arrivati a questo punto, ciascuno ha la sua ricetta: c’è chi da la colpa a Renzi, chi al mancato rinnovamento, chi alla politica che ormai somiglia sempre più a un gran bazar.  A ognuno il suo. La questione vera è che il centro sinistra, a differenza della destra e dei tanti movimenti che prosperano in giro, ha bisogno di un’anima per vivere. Ha bisogno di un soffio vitale perché se tutto si riduce a mera gestione avvizzisce e muore.  
C’è chi potrà affermare ghignando che questa è poesia, peccato che quelli che ridacchiano siano gli stessi, guardateli in faccia e poi dite se abbiamo torto, che scambiano i partiti per un ascensore. In questo clima diventa normale dividersi, scannarsi per una poltrona, accoltellarsi alle spalle in un gioco al massacro che, come dimostrano tanti esempi nella nostra provincia, favorisce solo la destra.  Ci piaceva poco il centralismo democratico ma meno ancora ci piace l’“ognun per se e Dio per tutti” che oggi caratterizza la battaglia politica e non solo in quel di Arezzo.
Come cantava il buon Guccini “Nel mondo oggi più di ieri domina l'ingiustizia,
ma di eroici cavalieri non abbiamo più notizia;
proprio per questo, Sancho, c'è bisogno soprattutto
d'uno slancio generoso, fosse anche un sogno matto”.
Ma chi diavolo ha voglia di sognare oggi? Nessuno, meglio mettere la polvere sotto il tappeto e tirare a campare. 

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