mercoledì 20 aprile 2016

DOPO REFERENDUM: EVITIAMO DI FARE I CAPITAN FRACASSA

E’ una sana abitudine, prima di dare giudizi, far passare qualche giorno. Abbiamo applicato questo metodo al referendum sulle trivelle. Concordiamo con molti commentatori nel dire che non ha vinto nessuno.
Che la consultazione non potesse arrivare al quorum era scritto: quando ormai il 40% degli elettori diserta le urne per le elezioni, quando c’è un diffuso appello all'astensione, è scontato che non si arrivi alla fatidica soglia del 50 più uno.  C’è poi da tenere conto che il quesito interessava solo alcune regioni e soprattutto si è voluto trasformare (sbagliando) la battaglia referendaria in uno scontro con Renzi.
Il risultato dunque non poteva che essere questo.
Però non può nemmeno gioire il capo del governo, perché la catena che si è attivata rischia di essere devastante per gli equilibri politici. Certi comportamenti da Capitan Fracassa rischiano di allontanare una fetta di votanti. Proprio quelli che possono fare la differenza alle prossime elezioni amministrative.  Specialmente in vista di appuntamenti elettorali dove anche il 5% può essere parecchio utile.
Le prospettive, a quello che scrivono i giornali, non sono rosee. Giachetti oggi è accreditato del terzo posto a Roma. Quindi nemmeno concorrerebbe al ballottaggio, a Milano Sala è sul filo di lana con Parisi e a Napoli la candidata del PD rischia di ritrovarsi col sedere per terra. Al di là di quello che potrà accadere a ottobre nel referendum costituzionale il prossimo passaggio elettorale rischia di essere l’avvio di una frana. La domanda che ci facciamo è questa: Con cosa si pensa di compensare i voti che mancheranno? Con Verdini & c.?
Un supplemento di riflessione sarebbe utile, tenendo tra l’altro conto che la nuova legge elettorale prevede il ballottaggio. Detto in altre parole il PD sta marciando allegramente verso uno spareggio nazionale perdendo pezzi per strada. Per questo, forse, un atteggiamento più prudente sarebbe consigliabile e soprattutto occorrerebbe dire da che parte si sta.
Noi siamo tra quelli che sostengono che già fare alcune riforme è rivoluzionario ma non basta. Se non si attaccano gli squilibri, se non riparte l’economia (e non solo perché si disarticola il mondo del lavoro dipendente), se non si pone un freno allo scandaloso arricchirsi di pochi a confronto dell’impoverimento di molti, ha poco senso che una forza riformista stia al governo. Ma da quest’orecchio in pochi sembrano sentire.
Sono poi da evitare come la peste atteggiamenti da bulletti di periferia del tipo di quelli dell’onorevole Carbone, un personaggio noto alle cronache per alcune situazioni curiose e che dicono essere membro della segreteria nazionale del PD.  Qualche volta Renzi farebbe bene a mettere la museruola ai suoi mastini, non sempre mordere è la strada migliore, qualche volta una carezza è preferibile a un calcio nel culo. 

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