In
una recente intervista Giampaolo Pansa, a chi gli chiedeva del perché avesse
intitolato il suo ultimo libro “Il rompiscatole”, rispondeva che quel titolo rappresentava il riassunto della sua vita, un’esistenza dominata da una
professione, quella del giornalista che, per sua natura, ha la caratteristica
di essere un mestiere da “rompiscatole”.
Il
bravo giornalista mette in luce le pecche dei potenti, scava nei fatti, studia e
talvolta tira fuori dure verità. Non è un caso che, quando ci sono giornali o
scrittori scomodi, i regimi, tutti i regimi, compresi quelli che si definiscono
democratici, reagiscono in malo modo.
Potremmo
citare il caso recente della Turchia, dove i giornali sono chiusi a suon di
sprangate, oppure personaggi come Julian Assange, costretto a stare rintanato in
un’ambasciata per evitare una gita a Guantanamo.
Perché
ci sono venuti in mente Pansa, Assange e il giornale di Istanbul Zaman?
Perché
quotidianamente leggiamo le cronache locali e spesso quello che vien fuori da
quelle righe è esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere un sano
giornalismo. Si
potrà obiettare che i cronisti locali non sono dei Pansa, Scalfari o Sallusti,
tanto per citare l’arco costituzionale dell’informazione italiana. Verissimo,
però il nostro microcosmo per difetti e pregi non è molto diverso dalla platea
nazionale; su una scala diversa, ma alla fine ogni cosa è rapportata.
Da
noi, tranne qualche lodevole eccezione, la distanza tra cronaca e notizia tende
sempre più ad allargarsi, nel senso che si preferisce non increspare la
superficie andando a indagare dentro i fatti. Spesso, sempre più spesso, si
offre un’informazione parziale senza sforzarsi di capire come stanno le cose.
Brutto
affare, perché l’opinione pubblica si forma non solo sui grandi temi ma anche
su queste notizie e chi scrive con la penna intinta nel conformismo
contribuisce al consolidarsi di una cattiva coscienza.
Ormai
è diventata un’abitudine sparare a zero su quella che si pensa essere, in quel momento, la parte debole lisciano nel
contempo il pelo ai potenti di turno, una
vera fiera delle vanità.
Queste
informazioni sono un virus, perché entrano in circolo intossicando ogni ganglio
della vita sociale e, poiché non ci sono anticorpi, come invece avviene a livello nazionale, diventano subito opinione comune, auto alimentandosi in un circolo vizioso.
E’ una riflessione che da qualche tempo ci sentivamo di fare. Qualcuno
ci consiglia “state buoni, queste cose non vanno dette, rischiate di far peggio”
a questo punto però non possiamo più tacere. E ce ne infischiamo se c’è chi si
sentirà offeso, e magari, per ripicca, aumenterà lo spargimento di liquame.
La
fortuna in questo caso è una sola. Come dicevano gli antichi “le parole volano,
gli scritti restano” e alla fine ognuno si assumerà le proprie responsabilità.
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