martedì 1 marzo 2016

I TRADITORI IN GUERRA SI FUCILANO, IN POLITICA SI PROMUOVONO

Tutti parlano di Verdini e della fiducia da lui concessa al governo Renzi, è giusto che se ne discuta perché non è vero, come sembra teorizzare la ministra Boschi, “che i voti non puzzano”.  Alcuni voti come i soldi “iniziano a puzzare” se non si capisce da dove arrivano e soprattutto perché arrivano. 
Non siamo però così ingenui da non capire che la questione Verdini fa parte della politica, cioè entra a pieno titolo nelle dinamiche dell’arte del governo.

A chi oggi fa lo schizzinoso, ricordiamo il precedente di Cossiga e il sostegno bipartisan al governo Letta. Detto altrimenti la politica si regge su equilibri e spesso “Parigi val bene una messa” come disse Enrico di Navarra. Però tutto deve avvenire nella chiarezza.
Un fenomeno invece che si può senz'altro definire di “putrefazione” della politica è quello dei transfughi. Tutti s’incazzano per Verdini e nessuno prende carta e penna per denunciare che un parlamentare su quattro ha cambiato partito: ben 226, 121 a Montecitorio e 105 a Palazzo Madama. Se fondassero il “Partito dei disertori” rappresenterebbero il secondo gruppo parlamentare.

E’ una situazione che “grida vendetta al cielo” e non serve appellarsi articolo 67 della nostra bella Costituzione: “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Troppo facile e soprattutto troppo comodo.
Come spiegò benissimo alla Costituente uno dei relatori, il giurista Costantino Mortati, quest’articolo serviva per «sottrarre il deputato alla rappresentanza di interessi particolari, significa che esso non rappresenta il suo partito o la sua categoria, ma la Nazione nel suo insieme».
Giustissimo, ma da qui a fare i “cazzi propri”, magari a fronte di vantaggi più o meno immediati, cambiando maglia, come certi giocatori di calcio, ce ne corre parecchio.
In qualità di elettori dovremmo sentirci tutti offesi, anzi presi in giro, quando il deputato eletto nella lista che abbiamo votato cambia partito e di conseguenza schieramento.
Quel signore ha avuto da noi un mandato per sostenere un programma di governo e gli interessi di un territorio, non è andato a Roma in gita di piacere.
Ecco perché chi decide di cambiare partito, non votare difformemente dalle indicazioni di partito (cosa ben espressa dall'articolo 67 della Costituzione), deve rassegnare immediatamente le dimissioni.
E non valgono nemmeno le multe. L’idea dei cinque stelle di monetizzare l’infedeltà politica, ricorda da vicino gli indennizzi dei divorzi. Qui non c’è da trasformare in denaro un bel niente. Chi cambia casacca si deve semplicemente levare di torno lasciando il posto a chi viene dopo.
Come mai, ci domandiamo questa pratica tanto diffusa in parlamento attecchisce molto meno negli Enti locali? Eppure anche lì frizioni e difficoltà non mancano. La risposta è che un consigliere comunale, specie nei nostri centri, è molto più vicino alla gente e sente sulla propria pelle il disprezzo e la rabbia per quello che si può definire senza mezzi termini un tradimento. Noi non siamo per mettere alla gogna i transfughi, chiediamo solo che ci sia, da parte loro, un sussulto di dignità. E se questo manca ci vuole un legge che non cancelli la libertà di mandato, il cui significato è ben spiegato  da Costantino Mortati, ma vieti il fatto di fare “i cavoli propri”, utilizzando la carica che in quel momento si ricopre.  



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