Che Massimo D’Alema
si avvolga spesso in un vezzoso manto di arroganza è vero, in questo ci ricorda molto da vicino un altro campione del genere tale Zlatan Ibrahimovic
il quale ha dichiarato, ai microfoni della TV francese, che lui resterà al PSG
se al posto della torre Eiffel metteranno una sua statua.
Una battuta, ma che
la dice lunga sul personaggio. Il fatto è che sia Ibrahimovic che D’Alema se lo
possono permettere, cosi come Zlatan è
un gigante del calcio D’Alema, a confronto dei nanetti che ci sono in
circolazione, appare un fenomeno. Diciamo appare perché ci ricorda molto da
vicino il Gulliver di Swift, una persona tutto sommato normale che, nel paese
dei lillipuziani, emergeva come un colosso.
Diciamo queste cose
proprio noi che del pensiero dalemiano abbiamo condiviso ben poco essendo, a
suo tempo, follemente innamorati dell’Ulivo prima versione e del
progetto di Veltroni sul PD.
Però di questi
tempi avvertiamo in cuore un moto di solidarietà nei suoi confronti. Questo non
vuol dire che siamo d’accordo con lui, tutt'altro. A nostro modestissimo avviso
le affermazioni di D’Alema sono sbagliate, la battaglia, se di battaglia si tratta,
si fa dentro il PD, andare fuori, raminghi come pellegrini in terra straniera,
è suicida per tutti. Che poi questa nostra convinzione debba fare i conti con
un PD in profonda trasformazione genetico/molecolare è un'altra cosa. Non basta andare alla riunione dei socialisti
europei per dirsi ancorati a una storia e a una tradizione. Ma siccome non
abbiamo preconcetti, dobbiamo riconoscere che alcuni provvedimenti del governo
Renzi sono atti riformisti veri. Questo paese aveva bisogno di una scossa ed è fuor
di dubbio che, tra salti retorici e decreti leggi, il governo qualche risposta
cerca di darla. Che poi non si comprenda bene la prospettiva è vero, che il
ruolo delle alleanze non si possa liquidare con un’alzata di spalle è evidente,
che ancora non si chiaro l’ancoraggio di valori è indubbio. Ma Renzi non è Berlusconi,
su questo non ci piove.
Chiarito quest’aspetto
passiamo, come direbbe Spinoza, alla parte “destruens”: quello che ci disgusta è il codazzo che Renzi si porta dietro e non
ci riferiamo ai “gigli magici” che, se esistono, hanno almeno una dignità. La nostra solenne arrabbiatura riguarda i vassalli,
valvassori e valvassini fino ad arrivare ai servi della gleba che, nel
territorio, interpretano il verbo renziano.
E qui torniamo a D’Alema. E’ comodo svillaneggiarlo sui social, è
semplice fare battutine a “cazzo di cane”. È facile, fin troppo facile evitare
il merito della discussione sostituendolo con quattro frasette sulla sua
anzianità di servizio o sulla sua superbia. Il problema è che la gran parte di
coloro che sputano sentenze a raffica, come mitragliatrici M134, è gente, ci sono anche qui eccezioni,
che interpreta la politica, nella fattispecie il PD, come una ascensore, una
rapida scorciatoia per i piani alti. Personaggi dalle barbette rade o i tacchi
a spillo che un tempo avrebbero fatto al massimo il segretario di una sezione di
periferia, oggi concionano sui massimi
sistemi.
Non c’è più
rapporto tra capacità e ruolo, questo è il punto. Un volta la selezione la faceva
la gavetta, la fatica fisica del distribuire i volantini e attaccare i
manifesti. Oggi i tempi sono cambiati ma non per questo a un neo patentato viene
affidata una macchina da formula uno e uno stupido rimane sempre uno stupido.
La politica, così
come tutte le attività e i mestieri, non è il calcio, dove ci s’improvvisa
allenatori. Per questo difendiamo D’Alema, non per le sue posizioni politiche
ma perché tanti botoli che gli addentano i pantaloni andrebbero presi a calci
in culo, senza complimenti. Le
terga dalemiane non sono sacre ma con i denti da latte non si può pretendere di
rodere una bistecca.
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