lunedì 14 marzo 2016

I BOTOLI E D'ALEMA

Che Massimo D’Alema si avvolga spesso in un vezzoso manto di arroganza è vero, in questo ci ricorda molto da vicino un altro campione del genere tale Zlatan Ibrahimovic il quale ha dichiarato, ai microfoni della TV francese, che lui resterà al PSG se al posto della torre Eiffel metteranno una sua statua.
Una battuta, ma che la dice lunga sul personaggio. Il fatto è che sia Ibrahimovic che D’Alema se lo possono  permettere, cosi come Zlatan è un gigante del calcio D’Alema, a confronto dei nanetti che ci sono in circolazione, appare un fenomeno. Diciamo appare perché ci ricorda molto da vicino il Gulliver di Swift, una persona tutto sommato normale che, nel paese dei lillipuziani, emergeva come un colosso.

 
Diciamo queste cose proprio noi che del pensiero dalemiano abbiamo condiviso ben poco essendo, a suo tempo, follemente innamorati dell’Ulivo prima versione  e del  progetto di Veltroni sul PD.



Però di questi tempi avvertiamo in cuore un moto di solidarietà nei suoi confronti. Questo non vuol dire che siamo d’accordo con lui, tutt'altro. A nostro modestissimo avviso le affermazioni di D’Alema sono sbagliate, la battaglia, se di battaglia si tratta, si fa dentro il PD, andare fuori, raminghi come pellegrini in terra straniera, è suicida per tutti. Che poi questa nostra convinzione debba fare i conti con un PD in profonda trasformazione genetico/molecolare è un'altra cosa. Non  basta andare alla riunione dei socialisti europei per dirsi ancorati a una storia e a una tradizione. Ma siccome non abbiamo preconcetti, dobbiamo riconoscere che alcuni provvedimenti del governo Renzi sono atti riformisti veri. Questo paese aveva bisogno di una scossa ed è fuor di dubbio che, tra salti retorici e decreti leggi, il governo qualche risposta cerca di darla. Che poi non si comprenda bene la prospettiva è vero, che il ruolo delle alleanze non si possa liquidare con un’alzata di spalle è evidente, che ancora non si chiaro l’ancoraggio di valori è indubbio. Ma Renzi non è Berlusconi, su questo non ci piove.
Chiarito quest’aspetto passiamo, come direbbe Spinoza, alla parte “destruens”: quello che ci disgusta è il codazzo che Renzi si porta dietro e non ci riferiamo ai “gigli magici” che, se esistono, hanno almeno una dignità. La nostra solenne arrabbiatura riguarda i vassalli, valvassori e valvassini fino ad arrivare ai servi della gleba che, nel territorio, interpretano il verbo renziano.  E qui torniamo a D’Alema. E’ comodo svillaneggiarlo sui social, è semplice fare battutine a “cazzo di cane”. È facile, fin troppo facile evitare il merito della discussione sostituendolo con quattro frasette sulla sua anzianità di servizio o sulla sua superbia. Il problema è che la gran parte di coloro che sputano sentenze a raffica, come mitragliatrici M134, è gente, ci sono anche qui eccezioni, che interpreta la politica,  nella fattispecie il PD, come una ascensore, una rapida scorciatoia per i piani alti. Personaggi dalle barbette rade o i tacchi a spillo che un tempo avrebbero fatto al massimo il segretario di una sezione di periferia, oggi concionano  sui massimi sistemi.
Non c’è più rapporto tra capacità e ruolo, questo è il punto. Un volta la selezione la faceva la gavetta, la fatica fisica del distribuire i volantini e attaccare i manifesti. Oggi i tempi sono cambiati ma non per questo a un neo patentato viene affidata una macchina da formula uno e uno stupido rimane sempre uno stupido.
La politica, così come tutte le attività e i mestieri, non è il calcio, dove ci s’improvvisa allenatori. Per questo difendiamo D’Alema, non per le sue posizioni politiche ma perché tanti botoli che gli addentano i pantaloni andrebbero presi a calci in culo, senza complimenti. Le terga dalemiane non sono sacre ma con i denti da latte non si può pretendere di rodere una bistecca.   

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