Le sagre sembrano
diventate il nemico numero uno, da tutte le parti arrivano bordate, richieste
di limitazioni, regolamenti comunali restrittivi. Il motivo di tanta avversione
è che tali iniziative, secondo alcuni, “ucciderebbero” la ristorazione
tradizionale.
Su questo punto
abbiamo più di un dubbio. Può capitare che tra coloro che vanno a gustarsi, sotto
un tendone, una pizza, una rana fritta, un fungo porcino possano essere
potenziali clienti di un ristorante. Ma noi rimaniamo convinti che la
stragrande maggioranza, cioè quelli che fanno massa, non sarebbero mai andati
da un’altra parte se la sagra non ci fosse stata.
E sapete perché? Perché
andare a una festa di piazza è cosa ben diversa che chiudersi in un locale. Alla
sagra si va per vedere gente, per ascoltare musica, per stare nel gruppone.
Niente a che vedere con i tavolini di una trattoria. Sono due piani diversi,
difficilmente destinati a incontrarsi. La vera difficoltà, per la ristorazione
tradizionale, è che la gente ha meno soldi in tasca oppure, chi li ha,
preferisce spenderli su altri beni di consumo.
Quindi la guerra alle
sagre parte da un presupposto sbagliato.
Sarebbe invece interessante
domandarsi perché ci sia stato un fiorire così vigoroso di questo tipo di
manifestazioni. La spiegazione è abbastanza semplice: molte volte con queste feste
si finanziano le iniziative di un circolo per tutto l’anno, si aiuta una
squadra sportiva, si raccolgono fondi per iniziative benefiche. Le sagre sono
diventate il pilastro su cui poggia quel fitto intreccio di associazioni,
gruppi, circoli che formano la “ricchezza sociale” della nostra regione.
Ed è normale che,
venendo meno negli anni il sostegno pubblico, queste associazioni cerchino di autofinanziarsi. Noi non ci vediamo niente di male, se poi, come
dice qualcuno, c’è chi utilizza le sagre per fare soldi senza pagare le tasse
allora il discorso cambia. In questi casi però, invece di lanciare accuse
generiche, si abbia il coraggio di fare nomi e cognomi, senza mettere tutti
nello stesso calderone.
La confusione che
qualche amministratore locale sta facendo su questo tema, per blandire e
corteggiare le associazioni di categoria, è perniciosa perché sottovaluta il
ruolo di sagre e feste di piazza come forme di promozione di un territorio,
oltre che di tenuta sociale. Le esperienze delle sagre uniscono i rapporti
personali, creano occasioni per stare insieme, movimentano persone e famiglie.
Non è roba da affrontare con leggerezza.
Come spesso avviene
è più facile sparare “cazzate” che non riflettere sui problemi. Noi stiamo
dalla parte delle sagre perché ci piace mangiare in compagnia, perché ci affascina
il ballo liscio e soprattutto perché sono un momento di vita comune.
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