giovedì 17 marzo 2016

GIORNALISTI E STRILLONI

Secondo quanto riporta The Independent il presidente turco Erdogan, ha chiesto di etichettare sotto la voce “terroristi” i politici (a lui contrari) ,gli attivisti civili e i giornalisti.
"Non solo la persona che preme il grilletto, ma tutti quelli che hanno reso possibile ciò dovrebbero essere definiti come terroristi, a prescindere dal loro titolo" ha affermato il presidente turco.

Nel nostro paese, nei tempi bui del terrorismo, un famoso professore di Padova scrisse ” risento il calore della comunità operaia e proletaria tutte le volte che mi calo il passamontagna” e un altro parlò di “geometrica potenza” riferendosi alle Brigate Rosse. Istigazioni belle e buone a praticare la violenza. Si può obbiettare che si trattava di un linguaggio immaginifico, teso ad esaltare ed esasperare i concetti filosofici che stavano dietro alle lotte di piazza.
Tutte cazzate, nella testa di qualcuno quelle parole diventarono ferro e fuoco trasmutandosi in piombo. Bisogna stare attenti quando si gioca con le parole, specialmente quando chi le pronuncia dispone di un megafono forte, come una cattedra universitaria o una pagina di giornale.

Il contesto di allora è ben diverso da quello della Turchia di oggi, i nemici a cui Erdogan intende mettere la museruola non sono fiancheggiatori dei terroristi ma tutti quelli che non la pensano come lui: gli intellettuali laici, i giornali indipendenti, gli attivisti dei diritti civili.
Però le sue parole, per quanto irricevibili, dovrebbero farci riflettere sul ruolo che alcune figure svolgono nel formare l’opinione pubblica. Nessuno in tal senso deve sentirsi immune da responsabilità. Non lo sono i politici che urlano o creano illusioni, non lo sono gli intellettuali ma più di tutti non lo sono i giornalisti. Alcuni si considerano al di là del bene e del male, senza tener conto che quando si scrive o si parla c’è sempre una responsabilità da assumersi. Chi offre notizie non deve condizionare l’informazione nella pretesa di creare o di formare l’opinione pubblica, ci sono dei limiti che si chiamano veridicità e correttezza delle informazioni e delle opinioni, una campagna giornalistica che parte da posizioni precostituite e da rigettare come la peggiore delle sciagure.
Eppure spesso di questi principi elementari è fatta carta straccia: dalle grandi questioni internazionali fino a scendere nelle beghe da cortile c’è la pretesa da parte di alcuni di condizionare la testa della gente. Senza rendersi conto che così facendo armano (in senso metaforico sia chiaro) la mano di una opinione pubblica sempre in cerca di teste da tagliare e di colpevoli da appendere a un palo. Proviamo ribrezzo per questa gentucola che crede di viaggiare con la verità in una busta del supermercato per distribuirla ai “poveri di spirito”. 
In giro si avverte puzza di fogna quando qualcuno intinge la penna nell’inchiostro in specie quando non si vuol distinguere, non si vuol conoscere e si deforma la verità. Chi opera così è in malafede e il nobilissimo mestiere di informare si trasforma nel suo contrario, nel lavoro dello strillone.



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