Ma che cavolo di paese è quello dove si
lavora dodici ore nei campi per un salario di 25-30 euro al giorno cioè meno di
2 euro e 50 l'ora? Eppure questa è la situazione in Italia: secondo uno studio di
The European House-Ambrosetti 400 mila lavoratori vivono questa condizione.
E’ questa la paga di chi lavora sotto i
così detti caporali e ad aggravare la situazione contribuisce il sovraccarico
di lavoro, l'esposizione alle intemperie, l'assenza di accesso all'acqua
corrente e ai servizi igienici.
400.000 persone, un numero pari agli
abitanti di Firenze, che tutti i giorni pioggia, sole o gelo va a lavorare per un
salario da fame. Dopo che questa piaga purulenta era drammaticamente emersa con
la morte di alcuni lavoratori sembrava che le coscienze si fossero finalmente smosse.
Poi tutto è passato nel dimenticatoio e non basta, come dice il Ministro dell’Agricoltura
Martina, che il disegno di legge contro il caporalato sia all'esame del Senato.
Una legge come questa, cioè una legge di civiltà, non può avere tempi lunghi,
non può attraversare le forche caudine di ritocchi e modifiche che ne rinviano
l’approvazione all'infinito. E’ su queste cose che si misura la credibilità di
un governo e di un partito che si dicono di centrosinistra. Il tema del lavoro
deve tornate, di là da ogni retorica, al centro dell’agenda di governo. I
lavoratori non sono numeri, buoni solo per le statistiche, o soggetti da blandire
nei discorsi di piazza.
Forse è proprio questo spirito che oggi
manca, un’anima che qualcuno riconduce al secolo passato e che invece, visto
quello che accade intorno a noi, è ancora attuale.
“Il riscatto del lavoro” come cantavano
i vecchi socialisti non è roba da pattumiera della storia. E anche dalle nostre parti, in quest’angolo di
civilissima Toscana, siamo proprio sicuri di essere immuni dalle forme di
sfruttamento di cui parla lo studio di The European House-Ambrosetti?
Noi non ne siamo tanto sicuri.
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