martedì 16 febbraio 2016

PAURA DI VINCERE

Questa non l’avevamo mai sentita, secondo una senatrice grillina che di nome fa Taverna, sostantivo vagamente etilico (Nomen omen), esisterebbe un complotto per far vincere i cinque stelle a Roma. Superata la sorpresa, abbiamo provato a ragionarci sopra.
Da che mondo è mondo i complotti si fanno per far perdere ma macchinazioni messe in piedi per far vincere è una novità assoluta. La sottile tesi della Taverna è questa: ci vogliono far vincere per poi tagliarci i fondi, farci fare brutta figura e dimostrare che non siamo capaci di governare. Tesi invero piuttosto ardita. I fondi regionali e statali sono governati da leggi precise, non sono come la cannella dell’acqua pubblica per cui basta un semplice stagnino per interrompere il flusso. Insomma “tagliare” per dispetto i denari destinati a Roma (a nostro avviso fin troppi) sarebbe arduo sul piano legislativo oltre che su quello politico.
Noi crediamo che il problema sia più di natura psicologica, in termini tecnici si chiama Nikefobia, cioè "paura di vincere".
La paura di vincere che senso ha? Secondo eminenti studiosi “sottesa alla paura della vittoria c’è spesso la convinzione che il successo richieda delle abilità che si ritiene di non possedere”. In altri casi invece “conseguire importanti vittorie sottopone a nuove responsabilità” e questo crea stress e timore.
Detto in altre parole si ha paura di non poter rispettare le cose che si promettono. Crediamo che questo sia il caso dei cinque stelle, movimento rispettabilissimo, ma che alla fine trova una certa difficoltà a tenere insieme ruolo di protesta e obblighi di governo.
Lo abbiamo visto a Parma, Livorno, Gela, Quarto, Bagheria. Proiettate su Roma le responsabilità e le attese crescono in maniera esponenziale.
Roma non è una città, per certi versi è uno stato, conta più di una Regione. E’ una vetrina incredibile che può farti salire agli altari ma gettarti nella polvere. In una città come Roma sono inevitabili i compromessi, è ineluttabile esercitare la difficile arte della mediazione, è indispensabile sapersi muovere con cautela. Tutte cose che non appartengono al DNA politico dei cinque stelle. Forse sta proprio qui la paura di vincere, mettere le mani avanti su possibili complotti o boicottaggi è un modo per scaricarsi la coscienza e giustificare così la propria inadeguatezza.
Ciò detto crediamo che la Taverna abbia ragione quando sostiene che né il centro sinistra né il centro destra hanno presentato candidati adeguati alla bisogna. Forse se li mettessimo su di un piatto della bilancia Bertolaso supererebbe seppur di poco Giachetti e questo la dice lunga. Un po’ meglio, se non altro per “physique du rôle” il candidato Alfio Marchini ma siamo convinti che le macchine dei partiti alla fine manderanno uno dei loro campioni al ballottaggio con i pentastellati, rischiando una sonora batosta. Sul perché il PD abbia puntato su Giachetti è il sesto mistero glorioso, forse possiede doti nascoste sconosciute alla maggioranza dei mortali o forse è una di quelle scommesse impossibili per cui punti poco ma hai la possibilità di vincere molto e se anche perdi ti metti l’animo in pace, tanto il danno è limitato. Peccato che in ballo non ci sia il comune di Capracotta, con tutto il rispetto per questo bellissimo borgo, ma la capitale d’Italia, un luogo mitico per il quale il povero Garibaldi ebbe l’ardire di gridare “O Roma, o morte”!  


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