Questa non l’avevamo mai sentita, secondo una senatrice
grillina che di nome fa Taverna, sostantivo vagamente etilico (Nomen omen), esisterebbe un complotto per far
vincere i cinque stelle a Roma. Superata la sorpresa, abbiamo provato a
ragionarci sopra.
Da che mondo è mondo i
complotti si fanno per far perdere ma macchinazioni messe in piedi per far
vincere è una novità assoluta. La sottile tesi della Taverna è questa: ci
vogliono far vincere per poi tagliarci i fondi, farci fare brutta figura e dimostrare
che non siamo capaci di governare. Tesi invero piuttosto ardita. I fondi regionali
e statali sono governati da leggi precise, non sono come la cannella dell’acqua
pubblica per cui basta un semplice stagnino per interrompere il flusso. Insomma
“tagliare” per dispetto i denari destinati a Roma (a nostro avviso fin troppi) sarebbe
arduo sul piano legislativo oltre che su quello politico.
Noi crediamo che il problema
sia più di natura psicologica, in termini tecnici si chiama Nikefobia, cioè "paura di vincere".
La paura di vincere che
senso ha? Secondo eminenti studiosi “sottesa alla paura della vittoria c’è
spesso la convinzione che il successo richieda delle abilità che si ritiene di
non possedere”. In altri casi invece “conseguire importanti vittorie sottopone
a nuove responsabilità” e questo crea stress e timore.
Detto in altre parole
si ha paura di non poter rispettare le cose che si promettono. Crediamo che
questo sia il caso dei cinque stelle, movimento rispettabilissimo, ma che alla
fine trova una certa difficoltà a tenere insieme ruolo di protesta e obblighi
di governo.
Lo abbiamo visto a
Parma, Livorno, Gela, Quarto, Bagheria. Proiettate su Roma le responsabilità e
le attese crescono in maniera esponenziale.
Roma non è una città, per
certi versi è uno stato, conta più di una Regione. E’ una vetrina incredibile
che può farti salire agli altari ma gettarti nella polvere. In una città come
Roma sono inevitabili i compromessi, è ineluttabile esercitare la difficile
arte della mediazione, è indispensabile sapersi muovere con cautela. Tutte cose
che non appartengono al DNA politico dei cinque stelle. Forse sta proprio qui
la paura di vincere, mettere le mani avanti su possibili complotti o
boicottaggi è un modo per scaricarsi la coscienza e giustificare così la
propria inadeguatezza.
Ciò detto crediamo che
la Taverna abbia ragione quando sostiene che né il centro sinistra né il centro
destra hanno presentato candidati adeguati alla bisogna. Forse se li mettessimo
su di un piatto della bilancia Bertolaso supererebbe seppur di poco Giachetti e
questo la dice lunga. Un po’ meglio, se non altro per “physique du rôle” il candidato Alfio Marchini ma siamo convinti che le macchine
dei partiti alla fine manderanno uno dei loro campioni al ballottaggio con i pentastellati,
rischiando una sonora batosta. Sul perché il PD abbia puntato su Giachetti è il
sesto mistero glorioso, forse possiede doti nascoste sconosciute alla
maggioranza dei mortali o forse è una di quelle scommesse impossibili per cui
punti poco ma hai la possibilità di vincere molto e se anche perdi ti metti l’animo
in pace, tanto il danno è limitato. Peccato che in ballo non ci sia il comune
di Capracotta, con tutto il rispetto per questo bellissimo borgo, ma la
capitale d’Italia, un luogo mitico per il quale il povero Garibaldi ebbe l’ardire
di gridare “O Roma, o morte”!
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