Il
Vicesindaco di Castiglion Fiorentino, in un recente articolo, ha criticato le
politiche economiche del governo, citando nientemeno che il "New
York Times". E’ sempre pericoloso far riferimento ai giornali stranieri
perché, dall'altra parte, qualcuno potrebbe rispondere che l’altrettanto
prestigioso Financial Time ha promosso il Jobs Act.
Ma al di là di questo particolare, del tutto
insignificante, le cose che dice l’amministratore castiglionese corrispondono
in buona parte a verità. In particolare per quanto riguarda la Valdichiana gli
effetti benefici dei provvedimenti del governo non si sono in buona parte
visti.
Tante imprese hanno sprangato i cancelli o si sono ridimensionate,
le costruzioni languono, i piccoli negozi faticano e parecchi giovani sono a
spasso, non per divertimento ma perché non hanno niente da fare.
Ha fatto bene il Vicesindaco a sollevare il problema
ma, con questa dichiarazione, ha però messo come si dice con espressione poco
elegante ma efficace, “il sedere sulle ortiche”.
L’economia per sua natura si presta sempre a più
interpretazioni. Da un lato ci sono i provvedimenti del governo che faticano a
produrre risultati, dall'altro c’è una totale assenza di politiche territoriali.
Quando si parla di aziende chiuse, di disoccupazione
in crescita, di perdita di posti di lavoro sarebbe utile tirare fuori i dati,
una lettura dei numeri aiuta a capire molto più di cento dichiarazioni. Meglio
ancora un bel giro “panoramico” nelle zone industriali.
Noi ci siamo andati e abbiamo visto capannoni abbandonati
e altri dove si lavora a pieno ritmo, abbiamo visto porte sigillate e gru che
tirano su nuovi opifici.
Sarebbe da domandarsi semmai perché dalle nostre parti,
come per altro in tutta la provincia, la crisi ha falcidiato alcuni settori
mentre altri continuano ad andare avanti.
Sarebbe cioè necessario uno studio serio sulle
dinamiche che hanno interessato la Valdichiana in questi anni: la crisi del
settore orafo è la più eclatante (anche in questo caso non vale per tutti),
però nessuno dice che in un recente passato un bel po’ di aziende se ne sono andate
(specie nel settore della moda) per trasmigrare all'estero.
Non basta picchiare in testa al governo (che qualche
volta se lo merita) per risolvere le situazioni, lo scaricabarile è un brutto
vizio italico che andrebbe cancellato.
Un amministratore dovrebbe domandarsi in che modo un Ente
Locale può aiutare lo sviluppo economico del suo territorio e costruire prospettive
per il futuro.
Il solito grillo parlante (da noi è pieno di grilli e
non ci riferiamo ai cinquestelle) risponderebbe:
-potrebbe fare ben poco-.
In effetti gli andamenti internazionali, i listini di
borsa, il prezzo dei metalli e del petrolio pesano molto di più delle condizioni
locali. Però qualcosa si potrebbe “non-fare“.
Per esempio si potrebbero evitare norme urbanistiche penalizzanti
per le aziende, si potrebbero costruire strategie di crescita e non aspettare che
le pere caschino dall'albero, si potrebbe pensare agli incubatori d’impresa
dando un sostegno concreto ai giovani e alle startup.
Ma soprattutto sarebbe necessario mettere insieme le
forze locali con un’azione di coordinamento che non sia estemporanea.
Qualche titolo in verità è stato scritto: turismo, agricoltura,
agroindustria, servizi, artigianato artistico, interventi per l’ambiente. Risiede
lì il nostro futuro? Noi pensiamo che non stia tutto lì. L’orafo è proprio
morto? La meccanica è defunta? L’edilizia è al capolinea? Noi pensiamo di no.
Ma siamo in grado di capire in quale direzione andare?
Con tutto questo il Job act non c’entra un fico secco.
C’entra invece la voglia di stare o no dentro un progetto di ampio respiro dove
le amministrazioni locali possono giocare ancora un ruolo.
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