Le primarie milanesi per la scelta del candidato
a Sindaco del centrosinistra, previste per il 6 e il 7 febbraio, sono lo
specchio della situazione in cui vive oggi la politica.
Il grande favorito è Giuseppe Sala che
tutti i sondaggi danno dentro una forbice dal 49 al 53%, gli altri concorrenti arrancano
a distanza siderale. I sondaggi ultimamente non sono granché affidabili, le
primarie per la presidenza Usa lo dimostrano, ma gli orientamenti politici, almeno
quelli, sono chiari.
Giuseppe Sala per la sua storia è il candidato
perfetto di chi, in questo momento, guida il Pd e il Governo.
Nonostante Sala si definisca “esponente della
sinistra progressista”, è soprattutto un uomo concentrato su se stesso. La sua
forza, infatti, risiede nelle competenze.
Milanese di nascita, laureato alla
Bocconi, tifoso interista (ma questo è un dettaglio) conosciuto al grande
pubblico come Amministratore Delegato di Expo 2015.
Ma
la sua carriera è ben più lunga: manager alla Pirelli, Direttore Generale della
Tim, Presidente della società di consulenza Medhelan Management e Finance,
Direttore Generale del Comune di Milano (Sindaco Letizia Moratti) e, dal 2013, Commissario
Unico Expo (nominato da Enrico Letta). E’ un vincente e se ha accettato di
correre è sicuro di portare a casa il risultato.
E’ stato definito un “politico senza
etichette”, forse sarebbe meglio dire un “non-politico”.
La figura di Sala in questo senso è paradigmatica
di un modello che si sa affermando, in particolare per le grandi città ma non
solo: il governo non è più appannaggio dei politici. L’aver fatto politica è
considerato una sorta di malformazione genetica.
La ragione di fondo risiede nel fatto
che la “rottamazione” non è stata ( nel breve periodo) in grado di produrre una
nuova leva della politica a livello locale (quello che viene fuori anche dalle
nostre parti, tranne qualche raro caso, non brilla certo per competenza e
intuito) per cui assistiamo a un ruolo supplente di altri soggetti, incarnati a
Milano nel normotipo “Sala”.
Difficile dire quello che verrà fuori, può
anche darsi che alla fine i supplenti ci prendano gusto e diventino titolari di
cattedra, relegando gli altri al ruolo di assistenti.
Ma in questo momento il problema è altro:
i valori di equità, i progetti di crescita sociale, insomma il patrimonio della
sinistra dentro questa prospettiva che fine fa?
Allo stato attuale una brutta fine.
Anche a Milano la sinistra (se così si
può definire) non è riuscita a trovare una candidatura unica, per cui persone
rispettabili, come la Balzani e Majorino, si divideranno i voti (tutti e due
vengono accreditati dal 21 al 25 %). Sommati insieme potrebbero fare
concorrenza a Sala, divisi gli stendono un tappeto rosso.
Le fortune di Renzi, come quelle di Sala,
nascono dal fatto che non esistono alternative.
Basta un rapido giro di orizzonte per rendersi
conto che a sinistra il carisma è merce rara, che l’intelligenza politica è approssimativa,
che la spinta ideale è diventata nebbia evanescente.
La sinistra del PD è una mosca senza
testa, perché tante piccole zucche (in senso buono) non fanno una zucca grande.
Hanno tutti una paura fottuta a scegliersi un capo e una strada da percorrere.
In tutta Europa esiste una tradizione
socialista e laburista, perché in Italia bisogna fare mille distinguo per dire
da che parte stiamo? Per altro alcune analisi economiche del vecchio socialismo
sono ancor oggi attuali e nessuno, nemmeno i nuovi economisti, possono
negarlo.
Il fatto è che ci sono troppi gallettini
in un pollaio stretto, ci vuole una volpe che smazzi il branco. Ma di volpi in
giro non se ne vedono. E allora ben venga Sala, almeno avremo la certezza che
governerà Milano nel migliore dei modi.
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