martedì 2 febbraio 2016

LE PRIMARIE DI MILANO E LA SINISTRA

Le primarie milanesi per la scelta del candidato a Sindaco del centrosinistra, previste per il 6 e il 7 febbraio, sono lo specchio della situazione in cui vive oggi la politica.
Il grande favorito è Giuseppe Sala che tutti i sondaggi danno dentro una forbice dal 49 al 53%, gli altri concorrenti arrancano a distanza siderale. I sondaggi ultimamente non sono granché affidabili, le primarie per la presidenza Usa lo dimostrano, ma gli orientamenti politici, almeno quelli, sono chiari.

Giuseppe Sala per la sua storia è il candidato perfetto di chi, in questo momento, guida il Pd e il Governo.
Nonostante Sala si definisca “esponente della sinistra progressista”, è soprattutto un uomo concentrato su se stesso. La sua forza, infatti, risiede nelle competenze.

Milanese di nascita, laureato alla Bocconi, tifoso interista (ma questo è un dettaglio) conosciuto al grande pubblico come Amministratore Delegato di Expo 2015.
 Ma la sua carriera è ben più lunga: manager alla Pirelli, Direttore Generale della Tim, Presidente della società di consulenza Medhelan Management e Finance, Direttore Generale del Comune di Milano (Sindaco Letizia Moratti) e, dal 2013, Commissario Unico Expo (nominato da Enrico Letta). E’ un vincente e se ha accettato di correre è sicuro di portare a casa il risultato.
E’ stato definito un “politico senza etichette”, forse sarebbe meglio dire un “non-politico”.
La figura di Sala in questo senso è paradigmatica di un modello che si sa affermando, in particolare per le grandi città ma non solo: il governo non è più appannaggio dei politici. L’aver fatto politica è considerato una sorta di malformazione genetica.
La ragione di fondo risiede nel fatto che la “rottamazione” non è stata ( nel breve periodo) in grado di produrre una nuova leva della politica a livello locale (quello che viene fuori anche dalle nostre parti, tranne qualche raro caso, non brilla certo per competenza e intuito) per cui assistiamo a un ruolo supplente di altri soggetti, incarnati a Milano nel normotipo “Sala”.
Difficile dire quello che verrà fuori, può anche darsi che alla fine i supplenti ci prendano gusto e diventino titolari di cattedra, relegando gli altri al ruolo di assistenti.
Ma in questo momento il problema è altro: i valori di equità, i progetti di crescita sociale, insomma il patrimonio della sinistra dentro questa prospettiva che fine fa?
Allo stato attuale una brutta fine.
Anche a Milano la sinistra (se così si può definire) non è riuscita a trovare una candidatura unica, per cui persone rispettabili, come la Balzani e Majorino, si divideranno i voti (tutti e due vengono accreditati dal 21 al 25 %). Sommati insieme potrebbero fare concorrenza a Sala, divisi gli stendono un tappeto rosso.
Le fortune di Renzi, come quelle di Sala, nascono dal fatto che non esistono alternative.
Basta un rapido giro di orizzonte per rendersi conto che a sinistra il carisma è merce rara, che l’intelligenza politica è approssimativa, che la spinta ideale è diventata nebbia evanescente.
La sinistra del PD è una mosca senza testa, perché tante piccole zucche (in senso buono) non fanno una zucca grande. Hanno tutti una paura fottuta a scegliersi un capo e una strada da percorrere.
In tutta Europa esiste una tradizione socialista e laburista, perché in Italia bisogna fare mille distinguo per dire da che parte stiamo? Per altro alcune analisi economiche del vecchio socialismo sono ancor oggi attuali e nessuno, nemmeno i nuovi economisti, possono negarlo. 
Il fatto è che ci sono troppi gallettini in un pollaio stretto, ci vuole una volpe che smazzi il branco. Ma di volpi in giro non se ne vedono. E allora ben venga Sala, almeno avremo la certezza che governerà Milano nel migliore dei modi.  

   



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