lunedì 22 febbraio 2016

LA TORRE DI BABELE E L'EUROPA UNITA

Quel che ha facilitato la cultura del Medioevo e l'espansione fantastica delle Università, è che allora si usava una lingua internazionale, la lingua dei chierici, il Latino”. Sono parole del compianto professore Jacques Le Goff.
Ecco un argomento che non emerge mai quando si parla d’Europa: la necessità di una lingua comune. Non  basta aver stabilito che la gran parte dei documenti ufficiali della UE vanno scritti, per ragioni di tempi e costi, in sole tre lingue (Inglese, francese e tedesco, non lo Spagnolo, benché sia la seconda lingua parlata al mondo).

Il problema però non è solo di praticità ma d’identità. Per esempio gli Stati Uniti d’America hanno adottato una lingua nazionale (l’inglese) che tuttavia non è lingua ufficiale a livello federale. Gli Stati Uniti d’Europa hanno invece ben 24 lingue ufficiali e nessuna lingua nazionale, un vero manicomio.

E’ vero che gli USA non sono l’Europa, da noi le lingue nazionali hanno un valore ben diverso che non al di là dell’Atlantico. Da noi rappresentano culture, eredità storica, una forma d’identità senza la quale non saremmo quello che oggi siamo. Però è altrettanto sicuro che l’Europa, come unità politica oltre che economica, non può esistere se, una volta passato il Brennero, non siamo più in grado di capirci con il nostro vicino. Non è una questione da poco e siamo convinti che tante incomprensioni, difficoltà, diffidenze, potrebbero essere superate se riuscissimo a colloquiare direttamente con gli altri europei e non solo attraverso la mediazione delle istituzioni o dei burocrati di Bruxelles.
Qualche tempo fa è venuta fuori una proposta da parte di un latinista famosissimo come il benedettino P. Caelestis Eichenseer, di stabilire come lingua comune europea il Latinus colloquialis.
Noi siamo più pratici e diciamo soltanto che bisogna diventare tutti (nessuno escluso) almeno bilingue. Non è sufficiente partire dalla scuola, occorre un grande programma internazionale che dica agli europei che se vogliono essere davvero una “nazione” devono parlare lo stesso idioma. In caso contrario rimarremo sempre dei separati in casa. L’alternativa è continuare com'è successo fino a oggi, per cui imbastardiamo l’italiano con termini stranieri e lasciamo ad altri il privilegio di intendersi sulle cose che contano davvero. Senza conoscenze linguistiche la gran massa delle persone rimane esclusa da ogni processo e di conseguenza sono le leggi della finanza e dell’economia che dettano le regole dello stare insieme.
Un’Europa divisa dalla babele di lingue fa comodo a chi vuole soltanto un’Europa mercantile non una Europa che culturalmente possa dire la sua. La forza del nostro continente è stata la sua cultura (dal medioevo fino all'epoca dei Lumi), senza cultura è un nanetto difronte ai giganti che avanzano da Est e da ovest. Un grande investimento pubblico per insegnare almeno un’altra lingua, oltre all'Italiano, si renderebbe non solo necessario ma indispensabile. E sarebbe una bella rivoluzione.

    


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