venerdì 19 febbraio 2016

IN RICORDO DI PIERO GOBETTI

Il 15 febbraio 2016 ricorrevano i novanta anni dalla morte di Pietro Gobetti (1901-1926), un intellettuale italiano tra i più grandi che, nella sua breve vita, aveva messo a fuoco, con largo anticipo, tante cose di questo nostro paese.  
Sono ancora attuali le sue preoccupazioni per la mancanza di una classe dirigente intesa come classe politica, l’assenza di una vita economica moderna, la scarsità di quella che potremo definire una coscienza civica. 
L’Italia di oggi, in questi aspetti, è forse molto diversa da quella degli inizi del novecento? Non ci pare, siamo sicuramente più grassi, abbiamo più beni di consumo, conosciamo più cose ma nella sostanza quei problemi sono rimasti invariati. Anzi, visto che il mondo è andato avanti si sono perfino aggravati.
 
Gobetti da lucido osservatore diceva “Senza conservatori e senza rivoluzionari, l'Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico”. In quella frase esiste un fondo di verità difficilmente smentibile. Tutti, più o meno, siamo diventati demagoghi, e non solo in politica. Invece di solleticare i sentimenti migliori che albergano nell'animo umano ci piace eccitare i peggiori, quelli che consentono di strappare un consenso immediato. Una caratteristica amplificata dall'uso delle nuove tecniche di comunicazione che, nello spazio di un nanosecondo, ci consentono di raggiungere migliaia di persone.
Di fronte a questo scenario Gobetti può sembrare antico, come arcaici possono, sembrare i fratelli Rosselli, come antichi possono sembrare Gramsci, Sturzo e tutta la generazione d’intellettuali che all’inizio del novecento cercò di rispondere in positivo alla crisi dell’Italia liberale, uscita prostrata dalla prima guerra mondiale e incapace di trasformarsi in una democrazia compiuta. Tutti quei nomi oggi sono considerati, quando va bene, icone da mettere in un museo. Sbagliato, certo non possiamo santificarli ma nemmeno buttarli come ferri vecchi nel magazzino della storia. Non si può in politica come nella vita, prescindere da un orizzonte di valori. I danni collaterali rischiano di essere irreparabili e per certi aspetti violenti, disabituare le persone a pensare è sempre pericoloso.
Qualcuno potrà dire che siamo superati, però una cosa l’abbiamo capita, senza fondamenta solide l’edifico crolla. Gobetti diceva che la politica deve essere realizzata come forma di educazione”. In questo senso siamo diventati assai maleducati oltre che ignoranti, basta guardare a quello che accade dal parlamento al più piccolo Consiglio Comunale.
Nonostante tutto rimaniamo ottimisti, perché alla fine come sta scritto nella rivoluzione liberale “si può rinnovare lo Stato solo se la nazione ha in sé certe energie che improvvisamente da oscure si fanno chiare e acquistano possibilità e volontà di espansione”. Queste energie a nostro avviso ancora ci sono.  


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