venerdì 12 febbraio 2016

ANCHE L'ACQUA SANTA E' VIETATA


“Il Tar dell’Emilia dice no alle benedizioni pasquali a Scuola”, il Tribunale Amministrativo ha stabilito che “il principio costituzionale della laicità o non confessionalità dello Stato non significa indifferenza di fronte all'esperienza religiosa, ma comporta piuttosto equidistanza e imparzialità rispetto a tutte le confessioni religiose (…) Non può, invece la scuola essere coinvolta nella celebrazione di riti religiosi che sono essi sì attinenti unicamente alla sfera individuale di ciascuno - secondo scelte private di natura incomprimibile - e si rivelano quindi estranei a un ambito pubblico che deve di per sé evitare discriminazioni”. 
Ci permettiamo alcune brevi considerazioni.

In punto di legge crediamo che il TAR non abbia torto, se la laicità viene letteralmente intesa come separazione fra la sfera religiosa e la sfera dello stato il suo appunto è ineccepibile. Detto in altre parole l’applicazione astratta del principio è corretta.
Il problema è che la legge non può non tener conto di un quadro consolidato di tradizioni e di culture. Ecco perchè la sentenza del TAR ci lascia perplessi.
Noi siamo per la laicità dello Stato ma non siamo d’accordo a trasformare la laicità in un’arma contundente che scalza dal suo piedistallo usi e costumi consolidati che fanno parte della nostra identità.
Non crediamo che i presepi, l’acqua santa, i canti di Natale, i crocefissi facciamo male a qualcuno. Anzi possono essere in moltissimi casi  una occasione per aprire un confronto a trecentosessanta gradi con altre  religioni ed altri credi  di cui sono portatori i nuovi cittadini italiani.
Limitare noi stessi, che da sempre abbiamo vissuto in un certo modo, per non offendere gli altri è una forma di autocensura inaccettabile che non aiuta il dialogo, ma rischia al contrario di aprire nuovi solchi.
Ma quello che ci lascia ancor più perplessi è che su queste vicende c’è una sorta di battaglia a senso unico contro la religione (non troviamo altro modo per definirla) mentre il lassismo dei costumi (questo sì offensivo per altre fedi) viene non solo tollerato ma incentivato.
Se chiunque tra noi decide di andare a risiedere in un altro stato si adatta alle leggi e alle norme che vigono in quella parte del mondo. Non si capisce perché da noi debba avvenire il contrario.
Speriamo che stavolta questa notizia, al di là delle giuste critiche, non sia colta al volo da qualche amministratore nostrano che si è auto insignito del titolo di “difensore della fede”. 
Così come non ci piace la sentenza del TAR non ci piacciono nemmeno le esternazioni strumentali su Crocefissi, Presepi, Unioni Civili.
Come Il sentimento religioso non può diventare bersaglio di un laicismo deteriore dall'altro lato non può diventare nemmeno uno strumento per farsi pubblicità.
 Vorremmo ricordare, a chi scopre oggi la sua vocazione da cavaliere templare, che «non chiunque dice: “Signore, Signore”, entrerà nel Regno dei Cieli” e, aggiungiamo noi, nemmeno in Consiglio Regionale o in Parlamento.


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