venerdì 5 febbraio 2016

ALCUNE PROPOSTE PER LO SVILUPPO LOCALE

Da qualche tempo alcuni amministratori locali si esercitano in analisi economiche senza né capo né coda, pontificando sulla crisi di Banca Etruria (e speculando sul comprensibile risentimento di chi ha perso i propri risparmi) oppure ragionando di mercato del lavoro senza nemmeno uno straccio di numero su cui confrontarsi.
Dalle nostre parti si chiacchera molto e si costruisce poco mentre, in altre aree del paese, le cose vanno in maniera diversa. 
Recentemente in Lombardia è stato presentato da Confindustria il “Piano Strategico Lombardia 2030”. 

Un modello che prevede intese e collaborazioni tra imprese e vari settori multidisciplinari come istituzioni, banche e università, partendo dal presupposto che la competitività non è disgiungibile dalla crescita dei territori e delle comunità in cui queste operano.
Il Piano, pur con un orizzonte di lungo termine, si traduce in azioni concrete anche nel breve periodo, analizziamole una per una:
- Cultura d'impresa, cioè promuovere il sistema di valori, la tradizione e l'identità imprenditoriale per diffondere la consapevolezza dell'impatto positivo delle imprese sulla società. Cosa che da noi spesso è mancata paragonando in molti casi le imprese ad animali predatori. Si è sempre e solo guardato ai possibili impatti negativi rispetto a quelli positivi come occupazione, lavoro, benessere e prosperità.
- Cluster: che significa incrementare il numero d’imprese partecipanti a raggruppamenti per sviluppare iniziative innovative.
- Capitale umano: che vuol dire individuare i fabbisogni delle imprese e del mercato del lavoro, con l’obiettivo di adeguare le competenze scolastiche dei giovani con quelle necessarie alle imprese.
- Internazionalizzazione: in particolare promuovendo le macroregioni per consolidare il rapporto con la Comunità Internazionale e promuovere al meglio il sistema industriale e le sue eccellenze per incrementare gli scambi con l'estero.
Secondo la simulazione del Centro studi di Confindustria, l'attuazione di queste strategie genererebbe, un aumento dell'occupazione, un ampliamento dell'export, un incremento del valore aggiunto manifatturiero.
Insomma viene fuori quello che ormai da qualche tempo molti sostengono e cioè che il recupero di competitività dell'economia italiana passa attraverso l'industria manifatturiera, con un impatto positivo anche su altri settori quali l'artigianato, il commercio e i servizi.
Le condizioni ci sono tutte: talento, genio creativo, capacita organizzative, storia, posizione geografica e condizioni climatiche favorevoli, ci pongono in una condizione di vantaggio perché rendono i nostri prodotti esclusivi, quindi, non replicabili in nessun altro luogo del pianeta.
E’ evidente che in questo quadro di rilancio pesano ancora troppo i fattori interni; come la burocrazia, la tassazione insostenibile, le infrastrutture precarie, il difficile accesso al credito. Tutti aspetti che solo il governo nazionale può affrontare.
Ma chiamare in causa il governo non può essere la scusa per non fare niente. Infatti, se queste cose valgono per la Lombardia valgono anche per la Toscana.
Ne consegue che invece di stare a lamentarsi, come ormai ci hanno abituato i nostri rappresentati istituzionali, occorra prendere il toro per le corna affrontando in maniera seria il problema dello sviluppo dei territori.
In Valdichiana questo fatto assume un valore ancor più marcato perché occorre tenere insieme valori ambientali e imprese. Una sfida non facile ma che non si affronta senza una strategia. Strategia che fino ad oggi è mancata. 

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