Domani,
27 gennaio, si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria per
commemorare le vittime dell’Olocausto, l’immane tragedia che vide l’annientamento
di milioni di persone, in gran parte Ebrei ma che stritolò anche zingari,
omosessuali, oppositori politici.
Ormai
i testimoni di quel periodo sono quasi tutti scomparsi ed è necessario conservare
il ricordo di quei fatti perché mai nessuno possa dire “non sono mai accaduti”
e, attraverso questa negazione, riscrivere la storia.
Per
questo motivo il Giorno della Memoria non è una ricorrenza come tutte le altre,
esso obbliga ogni persona a domandarsi come sia stato possibile.
Come
sia stato possibile che un integerrimo padre di famiglia come Rudolf Höss, comandante di Auschwitz, potesse, durante il giorno,
organizzare lo sterminio e la sera suonare il pianoforte insieme alla famiglia.
Ha
fatto bene l’Amministrazione Comunale di Castiglion Fiorentino a proporre ai ragazzi
delle scuole “L'uomo per bene - Le lettere segrete di Heinrich
Himmler”.
In quelle lettere, all'apparenza familiari,
vengono, infatti, fuori preconcetti e teoremi che ancor oggi spuntano sulla
bocca di altrettanti insospettabili.
Questo è il punto che merita
approfondire, come è possibile che la “banalità del male” sia ancora presente
tra di noi?
L’antisemitismo, per esempio, prima
ancora che un problema politico è un aspetto culturale, che riguarda, allo stesso
modo, frange di destra e di sinistra. Troppe volte si nascondono, dietro la critica
allo stato di Israele, pulsioni più profonde che partono dallo stereotipo dell’ebreo
subdolo, avido, moralmente
corrotto.
Nei
film di propaganda antisemita gli ebrei erano paragonati ai topi, perché
considerati parassiti portatori di sporcizie e di malattie come il colera, la
febbre, le piaghe, il tifo e la lebbra e dunque andavano distrutti.
Quanti,
nel loro subconscio, si portano dietro queste convinzioni?
Forse
non molti, ma bastano pochi attivisti abili e motivati per infettare un’intera comunità,
specialmente quando tra i giovani manca la memoria e le difficoltà economiche
sopravanzano ogni altro aspetto.
Per
questo siamo in profondo disaccordo con chi avvicina le vittime dell’olocausto
(gli Untermensch, i sub-umani come li
definivano i nazisti) alle vittime di altri atti di violenza.
Siamo su due piani completamente diversi. Con queste affermazioni si rischia di fare una grande
confusione, e in questa confusione qualcuno ci sguazza.
Tutte le vittime dell’odio meritano rispetto ma
quello che mise in piedi il nazismo è stato così tremendo da andare oltre ogni accostamento.
Ci siamo riletti in questi giorni un libro
intitolato “Il fratello perduto” di Zvi Yanai. E’ la storia di due fratelli
ebrei ungheresi divisi dalla guerra che si ritrovano quasi per caso e iniziano
un lungo epistolario dove uno dei due racconta all'altro il periodo che va dal
1938 al 1945.
La cosa singolare è che nelle pagine di questo libro
si parla a lungo di Castiglion Fiorentino, perché la famiglia (ebrea per quanto
convertita) rimase nel nostro paese per diversi anni durante la guerra.
Ne viene fuori uno spaccato in cui s’intrecciano storie
minimali e grandi eventi: le persecuzioni razziali stanno sullo sfondo ma qualcosa
di poco chiaro galleggia nell'aria: non tutti i tedeschi sono cattivi e tutti
gli italiani buoni, accanto a slanci di generosità allignano piccole e grandi meschinità.
Una lettura interessante che ci sentiamo di consigliare.
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