giovedì 7 gennaio 2016

BOTTE AL MAGNIFICO E PRINCIPIO DI LEGALITA'

Le notizie sono del tipo che non vorremmo mai veder scritte nelle cronache: un signore è stato preso a calci e pugni al parcheggio del Magnifico ad Arezzo per aver rimproverato dei ragazzi che facevano esplodere petardi tra le macchine in sosta. Oggi leggiamo che in Inghilterra, un onesto padre di famiglia, è stato massacrato con mazze da baseball e bastoni da un gruppo di giovinastri perché aveva chiesto loro di fare meno confusione sotto le sue finestre.

Per gravità i fatti non sono ovviamente comparabili, ma entrambi rappresentano il segnale del deterioramento dei rapporti tra persone che stava avanzando, come una marea puzzolente, fin sulla soglia delle nostre case.
Non stiamo esagerando.  Basta farsi un giro per le nostre strade, senza andare nei ghetti di periferia, per capire come ormai i rapporti di forza si misurino sui decibel degli urli, sulla varietà degli improperi e nel peggiore dei casi sulle botte distribuite senza misericordia.
Si litiga per una precedenza, un posto macchina, per il cane che abbaia. E’ un mondo dove la prepotenza sta prendendo gradualmente il sopravvento.
I motivi sono svariati: il primo è che ormai nella testa di parecchi non c’è più differenza tra virtuale e reale e i modelli che arrivano da Tv, internet, cinema, videogiochi sono in buona parte basati sulla sopraffazione fisica e morale e non bastano gli appelli al buon senso a modificare le cose.
Anche la politica, che almeno in linea teorica dovrebbe dettare le regole di comportamento, è diventata invece un riflesso della mentalità comune, perdendo insieme all'anima anche una funzione pedagogica.  
I vaffanculo si sprecano, le battute triviali sono assunte a teoremi, le offese più velenose diventano materia di studio. E questo non avviene solo in parlamento, dove l’eccellenza di pensiero è ormai merce rara.
Anche nelle nostre piccole realtà, dove tutti si conoscono e quindi un livello di moderazione sarebbe opportuno, non si va tanto per il sottile: insultare è diventata una quota fissa nel dibattito pubblico.
Difficile dire come uscire da questa spirale perché, come dice un personaggio di Sin City, “qui sangue chiama sangue e a galloni”.
L’unico modo serio sarebbe quello di ripristinare il principio di legalità. Un esempio: pare che gli aggressori del Magnifico siano stati individuati, a questo punto per dare almeno una parvenza di rigore dovrebbero essere puniti in maniera esemplare.  
Invece tra qualche giorno, sempre che li mettano in gattabuia, ipotesi remota, li rivedremo ancora in giro felici e beati, legittimati a rompere di nuovo il grugno a qualche malcapitato. Ecco perché alla fine ci sono poche speranze. 
Barack Obama sta facendo una sacrosanta crociata contro la diffusione indiscriminata di armi, ponendo l’accento sul fatto che il proliferare di pistole, fucili d’assalto, mitragliette negli Stati Uniti costa un numero impressionate di vite umane.
Vista la situazione di permanente insicurezza a qualcuno potrebbe venire la tentazione di calcolare quante vite umane sono state risparmiate grazie al potere dissuasivo di un revolver.  Per questo occorre porre rimedio prima che la valanga divenga inarrestabile. 

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