giovedì 17 dicembre 2015

TEATRO E MEMORIA

Ad Arezzo, dopo circa dieci anni di chiusura, ha riaperto i battenti  il Teatro Petrarca, salutiamo questo evento con gioia, restituire a una città una struttura destinata alla cultura è sempre una festa , che si tratti di un teatro, un museo, una sala per concerti, un auditorium.
L’evento è stato accompagnato da alcune polemiche ma, tirate le somme, non si può negare che le luci superino le ombre.
Anche a Castiglion Fiorentino, alcuni mesi orsono, la riapertura del teatro è stata occasione di dibattito, col tempo le discussioni si sono sopite. Chi allora sollevò dei dubbi sui lavori sembra ormai disinteressato e chi doveva rispondere ha evitato di replicare nel merito. Uno a zero e palla al centro. 
Oggi, però, la ripresa di attività del Petrarca, ci consente di fare qualche breve considerazione sulla vicenda castiglionese. Niente paura, non parleremo di leggi, norme antisismiche o luci di sicurezza. Parleremo d’altro.
Una differenza salta subito agli occhi, mentre ad Arezzo il sindaco Ghinelli non ha mai misconosciuto il ruolo delle precedenti amministrazioni nel trovare i fondi e nel portare avanti i lavori, ammettendo di essere arrivato quando la gran parte delle cose era stata realizzata, a Castiglioni si è scelta un’altra strada.
Con la riapertura del teatro si è voluta segnare una cesura col passato, tant'è che si è intenzionalmente parlato d’ ”inaugurazione” come se quello fosse davvero un inizio.
Da nessuna parte è stato scritto che il teatro Comunale era già stato inaugurato nel 2000. Non è stato detto che per oltre dieci anni sul palcoscenico sono andate in scena stagioni teatrali prestigiose. Tutto cancellato, con un’operazione di rimozione che ha dell’incredibile.
Che il teatro castiglionese abbisognasse di alcuni lavori di adeguamento è indubbio, dopo dieci anni sarebbe stato strano il contrario, si potevano risparmiare quei denari utilizzando altre procedure? Forse, ma quest’aspetto ormai fa parte della storia, poiché nessuno si è peritato di approfondire, un fuoco di paglia o poco più.
Quello che però a noi preme rilevare è l’uso sapiente che gli attuali amministratori castiglionesi hanno saputo fare di quell'evento. Per certi aspetti ci ha ricordato il concerto del grande violoncellista russo Rostropovic davanti al muro di Berlino. Un valore simbolico prima ancora che culturale.  
La domanda che nasce spontanea semmai è perché quei lavori, non siano stati fatti prima e perché nessuno tra i vari tecnici ne avesse segnalata la necessità. Ma la cosa che ci lascia ancor più dubbiosi è perché neppure uno, nel mondo della politica, abbia posto l’accento sul fatto che il teatro castiglionese, per un decennio, sia stato una vera fucina d’iniziative, alcune assai innovative e originali.
Chi amministra tira l’acqua al suo mulino e vuol dimostrare che Castiglion Fiorentino è all'anno zero, chi sta dall'altra parte può ancora permettersi di fare la parte dello smemorato?
  



Nessun commento:

Posta un commento