Ad
Arezzo, dopo circa dieci anni di chiusura, ha riaperto i battenti il Teatro Petrarca, salutiamo questo evento
con gioia, restituire a una città una struttura destinata alla cultura è sempre
una festa , che si tratti di un teatro, un museo, una sala per concerti, un
auditorium.
L’evento
è stato accompagnato da alcune polemiche ma, tirate le somme, non si può negare
che le luci superino le ombre.
Anche
a Castiglion Fiorentino, alcuni mesi orsono, la riapertura del teatro è stata
occasione di dibattito, col tempo le discussioni si sono sopite. Chi allora
sollevò dei dubbi sui lavori sembra ormai disinteressato e chi doveva rispondere
ha evitato di replicare nel merito. Uno a zero e palla al centro.
Oggi,
però, la ripresa di attività del Petrarca, ci consente di fare qualche breve considerazione
sulla vicenda castiglionese. Niente paura, non parleremo di leggi, norme
antisismiche o luci di sicurezza. Parleremo d’altro.
Una
differenza salta subito agli occhi, mentre ad Arezzo il sindaco Ghinelli non ha
mai misconosciuto il ruolo delle precedenti amministrazioni nel trovare i fondi
e nel portare avanti i lavori, ammettendo di essere arrivato quando la gran
parte delle cose era stata realizzata, a Castiglioni si è scelta un’altra
strada.
Con
la riapertura del teatro si è voluta segnare una cesura col passato, tant'è che
si è intenzionalmente parlato d’ ”inaugurazione” come se quello fosse davvero un
inizio.
Da
nessuna parte è stato scritto che il teatro Comunale era già stato inaugurato
nel 2000. Non è stato detto che per oltre dieci anni sul palcoscenico sono
andate in scena stagioni teatrali prestigiose. Tutto cancellato, con un’operazione
di rimozione che ha dell’incredibile.
Che
il teatro castiglionese abbisognasse di alcuni lavori di adeguamento è indubbio,
dopo dieci anni sarebbe stato strano il contrario, si potevano risparmiare quei
denari utilizzando altre procedure? Forse, ma quest’aspetto ormai fa parte
della storia, poiché nessuno si è peritato di approfondire, un fuoco di paglia
o poco più.
Quello
che però a noi preme rilevare è l’uso sapiente che gli attuali amministratori castiglionesi
hanno saputo fare di quell'evento. Per certi aspetti ci ha ricordato il
concerto del grande violoncellista russo Rostropovic davanti al muro di Berlino.
Un valore simbolico prima ancora che culturale.
La
domanda che nasce spontanea semmai è perché quei lavori, non siano stati fatti
prima e perché nessuno tra i vari tecnici ne avesse segnalata la necessità. Ma
la cosa che ci lascia ancor più dubbiosi è perché neppure uno, nel mondo della
politica, abbia posto l’accento sul fatto che il teatro castiglionese, per un
decennio, sia stato una vera fucina d’iniziative, alcune assai innovative e
originali.
Chi
amministra tira l’acqua al suo mulino e vuol dimostrare che Castiglion
Fiorentino è all'anno zero, chi sta dall'altra parte può ancora permettersi di fare
la parte dello smemorato?
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