venerdì 18 dicembre 2015

LAVORO, QUALE FUTURO?


Sullo stato di salute dell’economia locale notiamo una certa discrasia tra le dichiarazioni del Sindaco di Arezzo e quelle dei vertici della Camera di Commercio. Probabilmente dipende dai diversi punti di osservazione.

Da una parte, infatti, si sottolinea come vi siano difficoltà serie dal punto di vista occupazionale, in particolare per i giovani, dall'altra si afferma che  vi è una ripresa della marcia e si citano i dati dell’aumento delle imprese e della diminuzione della cassa integrazione in deroga. Questi indicatori, separati dal contesto generale,  non dicono molto ma prendiamoli per buoni.
La questione però è un’altra: quella di capire come ci si attrezza per il futuro e qui iniziano le difficoltà. Il primo cittadino di Arezzo indica alcuni possibili settori d’intervento: turismo, cultura, rafforzamento del sistema infrastrutturale per rilanciare la centralità di Arezzo. Tutte cose utili, specialmente l’ultima, ma che da sole non bastano. Il vero nodo, come giustamente è stato rilevato, è quello della disoccupazione giovanile che viaggia intorno al 40%. Un dato da cui non si può prescindere se si vuole realisticamente inquadrare il futuro in termini di sviluppo.
La domanda, perfino banale nella sua semplicità è questa: si può pensare di recuperare il gap rispetto alla tradizione manifatturiera, che aveva garantito occupazione e benessere, puntando solo su turismo e cultura? Come abbiamo già detto, non ne siamo per niente convinti.
Ne consegue un’altra domanda: In che modo Arezzo e la sua provincia possono riorganizzarsi per cogliere i segnali di futuro? Il problema, come insegnano i manuali, è di strategie.
I dati che arrivano dagli osservatori provinciali ci parlano di una situazione difficile per il commercio nei centri storici, questo per esempio non è un buon segnale per una programmazione legata al turismo.  E’ solo un esempio ma fa capire come si sia una bella distanza tra il dire e il fare.
L’unica strada è uno sforzo eccezionale, straordinario per puntare all'innovazione. I rapporti a livello nazionale dicono che le startup sono triplicate. Questo vuol dire che c’è davvero voglia d’innovazione, adeguamento alle nuove richieste di mercato, desiderio di fare.
Nella nostra provincia è possibile costruire una strategia basata sull'innovazione
Ghinelli parla di creare incubatori d’impresa, ottimo, un incubatore è già attivo da qualche tempo ad Arezzo, ne serve un altro? La richiesta dovrebbe essere invece un’altra: cosa ha prodotto fino ad oggi? Quanto viene utilizzato?  E su questa base decidere cosa fare.

La sfida per i prossimi anni sarà quella di mettere assieme tradizione imprenditoriale, fantasia, ricerca. Senza questo mix ogni anno staremo a centellinate qualche decimale in più o in meno sugli indicatori economici ma rimarremo fermi al palo. 

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