lunedì 28 dicembre 2015

LA LOGICA DELLA POLITICA E QUELLA DEI CALCI NEL SEDERE

Il vice segretario del PD, Lorenzo Guerini, ha tutta la nostra simpatia, a differenza di tanti piacioni (e piacione) che intasano l’etere lui ha il ghigno da bambino cattivo e la cattiveria in politica è una dote, non un difetto. 

Per di più, ha alle spalle (alla faccia del nuovismo) una solida esperienza democristiana che non guasta quando si tratta di navigare tra i marosi.

Il suo ultimo appello: “Se SEL e Sinistra Italiana rompono, non possiamo che prenderne atto. Con amarezza. Ma è certo che il Pd lavora perché non avvenga” è un esempio di come la logica, in politica, non risponda a leggi precise ma si pieghi a seconda della contingenza: nessuna meraviglia, è sempre stato così e sempre sarà.
Detto questo, noi siamo con lui, una rottura a sinistra rappresenta un vantaggio per gli avversari, c’è però un piccolo problema: non ci si può ricordare della sinistra (ammesso che SEL e gli altri si possano inquadrare in uno schema classico) solo quando all'orizzonte appaiono le elezioni e, per tutto il resto dell’anno, si distribuiscano, ci sia passato il termine, calci in culo agli stessi con i quali ci si vuole alleare.  
Essere alleati significa condividere un programma e non si salva l’anima dicendo che un conto è il livello nazionale, un conto è il livello locale. Qui non stiamo parlando di municipi da trecento abitanti ma delle quattro più grandi città del paese: Roma, Milano, Napoli, Torino, oltre a Bologna che si trova al settimo posto. Per questo Il test elettorale non può essere relegato dentro le mura dei comuni ma diventa, volenti o nolenti, un test nazionale. 
Ciò non vuol dire che, se per caso il Pd perdesse, Renzi automaticamente dovrebbe fare le valigie. Tuttavia un risultato negativo accenderebbe una lampadina d’allarme. Parafrasando una frase del Che, “le battaglie non si perdono, si vincono sempre”, verrebbe da dire “le elezioni non si perdono si vincono sempre”.
Oddio qualche volta si esce sconfitti ma almeno bisogna fare tutti gli sforzi possibili per portare a casa il risultato. La vittoria è, infatti, una gran medicina che lenisce molti mali.
Ecco perché non comprendiamo il motivo per cui, laddove, ci sono candidati con buone chance (vedi Napoli), il Pd faccia di tutto per mettergli i bastoni tra le ruote. Bassolino, secondo la “lex rottamandi”, sarà pure un vecchio arnese, come lo sono peraltro De Luca e Fassino, ma tutti e tre hanno il merito di conquistare voti.
Semmai Guerini dovrebbe domandarsi come mai i giovani rampolli prendono spesso, non sempre, sonore batoste: Arezzo docet. Confidiamo che alla fine si recuperi, da parte di tutti, il senno smentendo quel famoso detto latino “Quos Deus vult perdere, dementat prius”.  
In fatto di demenza in verità siamo un pezzo avanti, se si pensa che, in un botto solo, il Pd rischia di essere fuori dal governo delle più grandi città italiane.


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