Il vice segretario del PD, Lorenzo Guerini, ha tutta la nostra simpatia, a differenza
di tanti piacioni (e piacione) che intasano l’etere lui ha il ghigno da bambino
cattivo e la cattiveria in politica è una dote, non un difetto.
Per di più, ha
alle spalle (alla faccia del nuovismo) una solida esperienza democristiana che
non guasta quando si tratta di navigare tra i marosi.
Il
suo ultimo appello: “Se SEL e Sinistra Italiana rompono, non possiamo che
prenderne atto. Con amarezza. Ma è certo che il Pd lavora perché non avvenga” è
un esempio di come la logica, in politica, non risponda a leggi precise ma si
pieghi a seconda della contingenza: nessuna meraviglia, è sempre stato così e
sempre sarà.
Detto
questo, noi siamo con lui, una rottura a sinistra rappresenta un vantaggio per
gli avversari, c’è però un piccolo problema: non ci si può ricordare della
sinistra (ammesso che SEL e gli altri si possano inquadrare in uno schema
classico) solo quando all'orizzonte appaiono le elezioni e, per tutto il resto
dell’anno, si distribuiscano, ci sia passato il termine, calci in culo agli
stessi con i quali ci si vuole alleare.
Essere
alleati significa condividere un programma e non si salva l’anima dicendo che
un conto è il livello nazionale, un conto è il livello locale. Qui non stiamo parlando
di municipi da trecento abitanti ma delle quattro più grandi città del paese:
Roma, Milano, Napoli, Torino, oltre a Bologna che si trova al settimo posto. Per
questo Il test elettorale non può essere relegato dentro le mura dei comuni ma
diventa, volenti o nolenti, un test nazionale.
Ciò
non vuol dire che, se per caso il Pd perdesse, Renzi automaticamente dovrebbe
fare le valigie. Tuttavia un risultato negativo accenderebbe una lampadina d’allarme.
Parafrasando una frase del Che, “le
battaglie non si perdono, si vincono sempre”, verrebbe da dire “le elezioni
non si perdono si vincono sempre”.
Oddio
qualche volta si esce sconfitti ma almeno bisogna fare tutti gli sforzi
possibili per portare a casa il risultato. La vittoria è, infatti, una gran
medicina che lenisce molti mali.
Ecco
perché non comprendiamo il motivo per cui, laddove, ci sono candidati con buone
chance (vedi Napoli), il Pd faccia di tutto per mettergli i bastoni tra le
ruote. Bassolino, secondo la “lex rottamandi”, sarà pure un vecchio arnese,
come lo sono peraltro De Luca e Fassino, ma tutti e tre hanno il merito di conquistare
voti.
Semmai
Guerini dovrebbe domandarsi come mai i giovani rampolli prendono spesso, non
sempre, sonore batoste: Arezzo docet. Confidiamo che alla fine si recuperi, da
parte di tutti, il senno smentendo quel famoso detto latino “Quos Deus vult
perdere, dementat prius”.
In
fatto di demenza in verità siamo un pezzo avanti, se si pensa che, in un
botto solo, il Pd rischia di essere fuori dal governo delle più grandi città italiane.
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